
Il gioco nel team building? Una cosa seria come da bambini
Nel suo nuovo articolo il contributor Antonio D'Este spiega perché il gioco può essere una potente leva di crescita nella coesione e nella creatività dei gruppi di lavoro a patto che sia vissuto con la stessa spontanea serietà con cui lo vivevamo da bambini
di Antonio D’Este*

Nel dizionario Treccani, tra i vari significati della parola “Gioco”, troviamo la frase: «Credi forse che io giochi? = quando qualcuno mostra di non prendere sul serio quanto facciamo o diciamo».
Vedere il gioco come un’attività poco seria è secondo me ciò che ci ha fregato diventando grandi. Interpretandolo come qualcosa che in qualsiasi momento avrebbe potuto dare di noi un’immagine superficiale, lo abbiamo a poco a poco lasciato in disparte.
Ritengo che non ci sia nulla di più sbagliato. Chiedete a un bambino se mentre sta giocando si sente di fare una cosa poco seria: vi guarderà come foste un extraterrestre. Chiaro, voi direte, è un bambino! E potrei darvi anche ragione, ma negare la nostra parte giocosa è negare una parte importantissima di noi stessi.
Si tratta di isolare la parte più creativa in assoluto, quella che ci può aprire ad un sentire molto più potente di quella seriosità, impostata e innaturale, di certi ambienti.
Il gioco e il sorriso viaggiano insieme e sono manifestazioni naturali del nostro essere: negarle significa bloccare buona parte della nostra creatività.
Anche nel caso del pianto di chi “perde”, c’è pur sempre la lezione che non sempre è possibile ottenere tutto se non si affinano certe abilità.
Quindi non prendiamoci troppo sul serio, giochiamo invece di più soprattutto con i nostri figli, ma anche tra noi “grandi”! Tutto ciò dovrebbe essere reso obbligatorio, anche se così facendo perderebbe la sua caratteristica migliore: la spontaneità.
Personalmente, ogni giorno, nelle situazioni, con le persone oppure con le idee che mi creano qualche problematica, provo sempre a coglierne l’aspetto comico, talvolta persino dissacrante e, dove possibile, affronto una nuova sfida semplicemente come fosse un nuovo livello di gioco che richiederà tutto il mio impegno, ma che dovrà anche farmi divertire, darmi soddisfazione. Il tutto però condotto sempre molto, molto seriamente (vi ricordate il bambino quando gioca? Ecco…).
Il gioco è un incredibile esercizio per allenarsi a stare nel presente. Pensateci: fare seriamente qualcosa di leggero!
Lo so che la cosa può sembrare in antitesi, ma in realtà praticare questo tipo di allenamento vi porterà a scoperte inimmaginabili e soprattutto vi darà accesso a un’energia creativa potente e liberatoria. Provare per credere!
Occhio però a un’insidia, che si verifica spesso quando si usa il gioco come strumento di team building: in questi casi, nonostante si dica di voler mantenere un’atmosfera improntata alla leggerezza, si finisce invece per scivolare nel “gioco di potere” fine a se stesso, il che rischia di minare la fiducia di tutto il gruppo. Una deriva molto pericolosa soprattutto quando questo atteggiamento serve a sopperire alle carenze del gruppo stesso e/o dei manager.
In questi casi, infatti, l’arte dissacratoria entra prepotentemente in gioco, facendosi portavoce di un malessere latente e non espresso che toglie al team freschezza, creatività e soprattutto spontaneità.
Al contrario, dissacrare dovrebbe servire a disinnescare quei giochi di potere che, trasformati in caricatura, automaticamente perdono la loro forza di “non dichiarato” devastante, scoppiando come bolle di sapone. Il risultato finale è dunque un team più coeso e dinamico.
Detto in altri termini, il gioco ben condotto ci permette di far scoppiare una per una le bolle del distorto esercizio del potere, trasformando in maniera sistemica la nostra abilità nell’affrontare le questioni più scomode senza perdere il sorriso e la leggerezza.
Anziché essere un freno, proprio quei problemi che un tempo affliggevano il nostro gruppo di lavoro diventano insomma un mezzo per il salto di qualità in termini valoriali e di performance che qualsiasi azienda desidera all’interno dei suoi team.
In fin dei conti, si tratta di sapere chiaramente “a che gioco stiamo giocando” con regole e responsabilità ben definite, consapevoli che… giocare è una cosa seria.
Buon divertimento!

*Chi sono (da LinkedIn)
Facilito il cambiamento individuale e organizzativo attraverso percorsi di trasformazione e consapevolezza. Applico la visione sistemica alla consulenza aziendale e alla formazione professionale, considerando l’individuo, l’azienda e la professione come ecosistemi interconnessi. Il mio obiettivo è generare soluzioni che ispirano una profonda trasformazione, trascendendo la semplice risoluzione dei problemi per creare vera crescita. Mi considero un esploratore di connessioni invisibili, un catalizzatore di cambiamento autentico.
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