Formazione digitale: il ruolo decisivo dell’HR secondo Syllog

Secondo la ricerca curata dalla piattaforma di AI Tech e EdTech fondata nel 2023, la formazione digitale è un driver di competitività, ma il suo impatto dipende dalla capacità dell’HR di superare le strettoie imposte al settore dalle rigidità e altri problemi organizzativi dei settori in cui operano le singole imprese investite nella rivoluzione portata in particolare dall'intelligenza artificiale generativa.

La formazione digitale è diventata un pilastro della competitività, ma il suo impatto passa in modo decisivo dall’HR: è lì che la ricerca curata da Syllog colloca il “regista” dell’aggiornamento continuo, responsabile di trasformare i saperi in competenze misurabili e di legare la formazione ai processi, ai ruoli e ai KPI. Sul campo, però, proprio l’area HR si scontra con colli di bottiglia organizzativi e tecnologici che rallentano la circolazione della conoscenza. L’indagine — svolta su oltre 500 professionisti di risorse umane, sicurezza e formazione fotografa con chiarezza questa frizione tra intenzione e realtà operativa.

Il paradosso è evidente: cresce la consapevolezza del valore della digitalizzazione, ma la macchina organizzativa procede a rilento. La gran parte della formazione aziendale si svolge ancora con lezioni frontali, videoconferenze e materiali statici; la pubblicazione di nuovi corsi richiede settimane; gli strumenti non dialogano tra loro; la misurazione dell’impatto resta debole.

Molte imprese verificano l’avvenuta partecipazione, senza collegare l’apprendimento a indicatori operativi come la riduzione degli errori, il miglioramento della produttività o i livelli di sicurezza. «Molte imprese sanno quanto la formazione digitale sia strategica, ma spesso i processi restano lenti e dispersivi» osserva Davide Ludovico, Head of Business Development di Syllog. «Il nostro obiettivo è aiutare le aziende a trasformare la conoscenza in competenze operative in tempi rapidi», aggiunge.

Le criticità riscontrate dalla ricerca sarebbero quindi trasversali. Trasformare manuali e procedure in contenuti didattici realmente efficaci richiede infatti, secondo Syllog, ancora troppo tempo; le piattaforme faticano a integrarsi, con dati e risorse disseminati tra archivi e reparti; l’engagement dei dipendenti resta intermittente, complice un’offerta spesso lunga, monolitica e poco interattiva. In molti casi le aziende possiedono già un patrimonio informativo significativo — linee guida, policy, istruzioni — ma mancano strumenti e processi per renderlo fruibile, aggiornabile e tracciabile con continuità. Per l’HR, questo significa non riuscire a “cucire” percorsi personalizzati su ruoli e fabbisogni, né a dimostrare con numeri il ritorno della formazione su sicurezza, qualità e produttività.

Guardando ai settori, la ricerca registra poi sfumature diverse. In finanza e assicurazioni la pressione normativa è costante: l’obbligo di aggiornarsi di continuo per rispettare regole in evoluzione richiederebbe cicli formativi agili, ma la produzione dei materiali richiede spesso settimane. Il risultato è un rischio crescente di non conformità e di errore. Nella manifattura, invece, il nodo è la rigidità: la formazione legata a sicurezza e continuità produttiva si appoggia a corsi che impongono pause alle linee e a materiali lunghi, spesso disponibili in una sola lingua. L’apprendimento risulta pertanto frammentato e fatica a trasformarsi in comportamenti preventivi; in alcuni casi, la mancanza di aggiornamenti tempestivi si riflette in un aumento degli incidenti sul lavoro.

Nel mondo ingegneristico e tecnico, la barriera è l’onboarding: la documentazione è dispersa tra reparti e archivi digitali, il trasferimento di know-how rallenta, l’inserimento dei nuovi assunti si allunga di mesi.

Nelle aziende tecnologiche e informatiche, infine, il problema si ribalta: la velocità del cambiamento supera quella dei processi formativi. Prodotti e piattaforme evolvono così rapidamente che i team scoprono le novità dopo l’implementazione, con inevitabili impatti su flussi e rischi operativi.

In questo scenario, l’intelligenza artificiale è indicata come leva di accelerazione. Piattaforme intelligenti di gestione della conoscenza possono aggiornare i contenuti in modo continuo, renderli più accessibili, personalizzarli per ruolo e lingua, e soprattutto collegarli a indicatori misurabili.

Syllog si muove in questa direzione, trasformando i materiali aziendali in percorsi dinamici integrati nei processi. «Non si tratta solo di digitalizzare i contenuti» spiega Edoardo Anselmi, Ceo e co-fondatore. «L’obiettivo è creare un flusso continuo di conoscenza che possa essere aggiornato, monitorato e condiviso in tempo reale – aggiunge Anselmi – La formazione diventa così parte integrante dei processi aziendali, non un’attività separata».

Per l’HR, significa insomma poter orchestrare cicli “just-in-time”, allineati ai cambiamenti di procedure, sistemi e normative, e rendere conto con dati dell’effetto sui comportamenti.
Proprio il 2025, ormai agli sgoccioli, ha reso questo passaggio più urgente. Per Syllog l’entrata in vigore del Digital Operational Resilience Act (DORA) per il settore finanziario, le nuove disposizioni sull’accessibilità digitale, gli aggiornamenti in materia di sicurezza sul lavoro e la rendicontazione ESG hanno alzato l’asticella della compliance.

In questo contesto, una formazione più rapida, tracciabile e integrata nei flussi operativi può trasformare un vincolo in opportunità: chi saprà farlo, potrà differenziarsi in modo netto su tempi di risposta, qualità e affidabilità.

La ricerca suggerisce pertanto alle imprese di intervenire subito con progetti pilota mirati e misurabili: cicli brevi su processi critici, automazione dei passaggi di “content ops” (dall’import dei documenti ai moduli interattivi, fino al micro-learning multilingua), integrazione tra LMS, HR e sistemi di qualità e sicurezza per tracciare gli outcome, definizione chiara dei KPI prima dell’erogazione e aggiornamenti “just-in-time” agganciati al lavoro quotidiano. Non un esercizio di stile tecnologico, dunque, ma un cambio di governance: dalla formazione come evento alla formazione come infrastruttura.

Da ultimo, il punto più importante: la velocità con cui un’organizzazione trasforma le informazioni in competenze condivise. In merito dice in conclusione Ludovico: «Il valore di un’organizzazione non dipende più da quante informazioni possiede, ma da quanto velocemente riesce a convertirle in competenze reali e condivise». Detto in altri termini, la tecnologia conta, ma contano soprattutto le persone e i processi che l’HR è chiamato a guidare: se vengono abilitati con strumenti semplici, integrazioni solide e metriche di impatto, il cambiamento smette di essere uno slogan, diventando, invece, pratica quotidiana.

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