HR più attenti alla “S” tra gli ESG: i dati chiave del Social Sustainability Monitor 2025

Formazione, attrattività, retribuzione e work life balance sono le quattro dimensioni della vita di aziende e lavoratori analizzate nell'Osservatorio curato dal Sustainability Lab di SDA Bocconi con SD Worx Italy.

Sono quattro gli ambiti HR investiti dalla crescita di attenzione alla dimensione Sociale delle tematiche ESG da parte dei lavoratori: formazione, attrattività, retribuzione e work life balance. Lo ha sottolineato il Social Sustainability Monitor, l’Osservatorio permanente curato dal Sustainability Lab di SDA Bocconi assieme a SD Worx Italy, presentato nei giorni scorsi per la sua seconda edizione. Al centro del report la rielaborazione della survey «HR & Payroll Pulse», basata sull’analisi delle risposte fornite lo scorso febbraio 2025 da 5.625 datori di lavoro e 16.000 dipendenti in 16 Paesi europei.

Incrociando il punto di vista di imprese e lavoratori, tra i dati più interessanti emerge un 65% di aziende che si è dichiarato attivo in tema di formazione, contro un 29% di dipendenti che invece dice di non percepirlo. Venendo all’attrattività il divario riportato dalla survey è 51% contro 39%. Sulla retribuzione il 76% delle imprese ritiene di pagare in modo equo, ma in Italia quasi un lavoratore su due si sente sottopagato (48%). Venendo allo smart working e alle forme miste di lavoro, solo il 44% delle aziende italiane dichiara piena fiducia nell’autonomia da remoto (50% la media UE), mentre il 63% dei dipendenti riconosce benefici per l’equilibrio vita-lavoro.

Più in generale, secondo l’Osservatorio, l’Italia è sotto la media europea anche sullo sviluppo delle competenze. In particolare, il nostro Paese si ferma al 21,3% di percezione positiva contro i livelli più alti del Regno Unito, mentre permangono gap di genere e di età, con donne e over 55 che vedono meno opportunità di crescita. Questo richiama l’HR a spostarsi da programmi spot a percorsi strutturati di upskilling e reskilling, con KPI chiari su partecipazione, completamento e impatto su mobilità e performance.

Venendo alla leva retributiva, l’Osservatorio sottolinea la presenza di due urgenze: la distanza tra autovalutazione aziendale e sentiment dei lavoratori e l’imminente obbligo di trasparenza salariale. Come noto, entro il 7 giugno 2026 la direttiva UE 2023/970 imporrà infatti alle imprese con oltre 100 dipendenti report periodici sulle strutture retributive e il diritto dei lavoratori a richiedere informazioni interne. Un cambiamento di questa portata obbligherà molte aziende a rivedere qualità delle strutture, analisi precise sull’esistenza o meno di gender pay gap al proprio interno e più in generale la necessità di dotarsi di manager e recruiter che siano davvero preparati a una comunicazione trasparente.

Sul tema lavoro flessibile, la survey rimarca come funzioni laddove ci sia fiducia e governance coerente, il che non depone benissimo a favore dell’Italia, comparando i nostri risultati con quelli di Regno Unito e Svezia, Paesi in cui l’ibrido rende quando gli obiettivi sono chiari, il diritto alla disconnessione è tutelato e i capi sono formati sul management per risultati.

Il vero anello debole nazionale è però la tutela di benessere e salute mentale. Meno di un quarto dei dipendenti valuta infatti positivamente l’equilibrio vita-lavoro (22% e addirittura la percezione dello stressa da noi è particolarmente alta soprattutto tra le donne (58% vs 54% uomini) e nelle fasce 35-54 anni; secondo il report, lo stress cresce con la dimensione d’impresa. Qui i Paesi nordici offrono esempi maturi di destigmatizzazione e programmi strutturali.

Sul fronte DEI il 39% dei dipendenti vede inoltre un impegno reale della propria organizzazione, ma il 55% dichiara di aver subito o assistito a discriminazioni. L’inclusione generazionale è un punto cieco: proprio gli over 55, a cui le policy dovrebbero rivolgersi, sono i meno inclini a riconoscere iniziative a loro supporto (31%), nonostante l’Italia abbia una forza lavoro tra le più anziane d’Europa. Per l’HR questo significa obiettivi misurabili di rappresentanza e progressioni, canali sicuri di segnalazione, formazione sui bias e piani dedicati ai senior (sviluppo, mentoring inverso, adattamenti di ruolo e orario).

Francesco Perrini

Il messaggio di fondo contenuto nel Monitor è riassunto dalle parole di Francesco Perrini, Associate Dean for Sustainability, Diversity and Inclusion e Direttore del Sustainability Lab: «In ESG la ‘S’ è al centro… l’impresa sostenibile è quella che riesce ad allineare i propri valori etici con la creazione di valore economico e sociale, a partire dai propri lavoratori». Una rotta che, conclude il report, passa dalla convergenza tra valori e valore: in ultima analisi, senza coinvolgimento, benessere, formazione e pratiche eque, non c’è competitività che tenga.

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