
Giovani, lavoro e aziende: una disconnessione che frena il futuro
Presentata in Regione Lombardia la XXXV Indagine GIDP “Giovani, lavoro e generazioni a confronto”. Tra le priorità emerse la flessibilità guadagna il primo posto tra i junior, il problem solving è più importante delle skill tecniche, in calo nel recruiting università e LinkedIn.
di Alessandra Cicalini
Tra i giovani e le imprese succede un po’ come capita tra il dire e il fare: in mezzo c’è un mare di possibilità di confronto e dialogo, in buona parte ancora inespresse. Lo sottolinea la 35esima Indagine Giovani & Lavoro promossa da GIDP, il Gruppo Italiano Direttori del Personale, che come ogni anno, in occasione dell’incontro pre-pausa estiva, presenta i risultati della ricerca che fotografa il legame tra le istanze delle nuove generazioni e il mondo del lavoro. Alle domande poste nella prima metà del 2025 dai curatori del rapporto, realizzato in collaborazione con l’Osservatorio Paolo Citterio e presentato giovedì scorso nella Sala Solesin della Regione Lombardia, hanno risposto gli oltre 4.500 HR manager associati.

Tre le direttrici principali seguite dal report, spiegate punto per punto dalla Presidente Nazionale Marina Verderajme, ossia l’evoluzione del rapporto tra lavoro e competenze, la questione della crescente instabilità geopolitica e la trasformazione dei codici culturali che legano (o allontanano) giovani e senior.
Da qualunque lato la si guardi, secondo l’indagine la situazione è la seguente: la distanza tra imprese, giovani e formazione non è più solo un problema di competenze, ma va più nel profondo. In estrema sintesi, si tratterebbe di una disconnessione sistemica che tocca il piano dei valori, del linguaggio e delle aspettative reciproche.
I segnali raccolti da GIDP danno spunto all’Assessora regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro, Simona Tironi, per aprire i lavori dell’incontro con una dichiarazione d’intenti di tipo istituzionale: «La sfida dell’occupazione giovanile non si vince con misure isolate. Serve una sinergia costante tra imprese, territori, istituzioni e formazione. Come Regione ci siamo impegnati a rafforzare percorsi mirati alle esigenze delle imprese, ed eventi come questo sono fondamentali per costruire strategie condivise».
A sua volta la Presidente Nazionale di GIDP ha ribadito come la convivenza generazionale, se ben gestita, possa diventare una leva per la competitività: «Dove si investe in ascolto, leadership condivisa e cultura organizzativa, le imprese sono più attrattive».
Scendendo più nel dettaglio sui risultati dell’indagine, sono emerse alcune differenze rispetto all’edizione 2024. In cima alla classifica delle preferenze dei giovani c’è adesso la flessibilità, intesa come smart working e orario flessibile, richiesti come priorità assoluta già in fase di colloquio. Slittati al secondo posto retribuzione e benefit, seguiti da chiarezza sulle mansioni.
Secondo GIDP, si tratterebbe di un segnale chiaro dato dalle nuove generazioni sulla volontà di avere un “buon lavoro” inteso come più autonomia organizzativa, equilibrio e senso, piuttosto che come “semplice” pacchetto retributivo.
Proprio in questo ambito emerge pertanto la prima disconnessione con le aziende, che collocano invece la flessibilità al quarto posto delle condizioni di lavoro che sono disposte ad offrire, dopo la triade da loro scelta per il podio retribuzione-chiarezza sulle mansioni-percorsi interni di crescita.
Il vero focus della ricerca si concentra però su un tema particolarmente avvertito in questa fase storica, ossia il rapporto tra le generazioni al lavoro alla luce dell’incombente inverno demografico e della costante emorragia dei giovani all’estero.
Per affrontare le due questioni, sostiene l’indagine, sarebbe essenziale introdurre programmi di mentoring tra senior e junior strutturati. Ebbene, i dati parlano di solo un 23,7% di aziende che li ha attivati, contro la presenza di un 90% di casi in cui sono presenti tre o più generazioni nello stesso ambiente di lavoro.
Certo, prosegue la ricerca, la maggior parte delle imprese riconosce il valore potenziale di questa coesistenza, ma solo il 38,2% la percepisce come un’opportunità concreta e circa un 10% la vive come una sfida gestionale, difficile da armonizzare.
Su questo aspetto la Presidente Verderajme rimarca: «La convivenza tra generazioni è il vero stress test per le imprese italiane e rappresenta una delle aree dove si gioca la capacità di tenere insieme innovazione e continuità. Dove si gestisce bene, si cresce meglio. Dove manca il confronto, si crea frammentazione».

Un altro dato emerso dall’edizione 2025 dell’indagine riguarda i canali di recruiting, che vedono in calo le università e i career service, ma anche LinkedIn. A prevalere è oggi il sistema misto, anche per i profili senior, tra i quali, com’è intuibile, il social media associato normalmente al mondo dei professionisti continua ad essere lo strumento preferito.
Il Report di GIDP si sofferma anche sulle caratteristiche che rendono i candidati più appetibili. E qui, forse, la scoperta più significativa, ossia la crescente attenzione alle soft skill piuttosto che alle hard skill, per junior e senior. A cambiare è solo la classifica tra quelle più richieste ai giovani e agli adulti. Il problem solving prevale per la prima categoria, mentre la competenza più importante per i senior è la leadership.
Tra le altre soft skill ci sono anche l’autonomia e la creatività, ma in ogni caso, qualunque siano le caratteristiche di partenza essenziali in fase di selezione dei profili junior, continua a permanere un certo mismatch tra la preparazione accademica e le esigenze delle aziende, che in molti casi segnalano la necessità di erogare ai neo assunti formazione interna. Un costo. dicono queste ultime, che tuttora ricade quasi interamente su di loro.

L’ultimo tema ha dato il la all’intervento di Carlo Verdone, Fondatore e Presidente di Federitaly, che alla discussione ha aggiunto la persistenza di un mismatch anche di tipo geografico nel nostro Paese, in cui operano nella stragrande maggioranza dei casi microimprese con scarse possibilità di crescita senza interventi strutturali su scuole e percorsi universitari al passo con i tempi.
A sua volta, Raffaella Scalvini, membro del gruppo Donne Manageritalia, si è detta sorpresa per la tiepida preoccupazione riscontrata tra le aziende intervistate in merito alla «bomba demografica» che sta per esploderci addosso. «Chi ha figli tra i 25 e i 35 anni lo sa: molti sono già all’estero», ha ricordato, aggiungendo: «Se chiedono welfare e smart working è perché gli stipendi sono bassi – ha obiettato -se non glieli dai, non vengono nemmeno a colloquio». Di qui il suo appello a pagare gli stage e soprattutto a prevederli brevi e solo in vista di una concreta possibilità di stabilizzazione, accanto alla valorizzazione del lavoro femminile, l’altra pecora nera dell’economia nazionale.

Segnali di speranza arrivano, in chiusura di convegno, da Paolo Puricelli, HR Manager IDM e coordinatore del gruppo NexGen GIDP, e da Domenico Santoro, HR Director di Air Liquide Italia. Il primo ha raccontato delle iniziative DEI della sua azienda, accanto a un corso sull’ABC del diritto del lavoro per gli HR Junior. Il secondo ha ricordato, tra le altre iniziative della multinazionale presente in 60 Paesi al mondo, delle attività di mentoring a beneficio dei nuovi ingressi, in grado di restituire senso al tempo che si passa al lavoro, anche alle generazioni più mature.
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