Rientro in ufficio, secondo LiveCareer chi si rifiuta rischia il licenziamento

Intitolato "Rientro in ufficio, realtà e previsioni", il sondaggio della piattaforma che fornisce supporto alla costruzione delle carriere rivela come nemmeno gli incentivi economici siano sufficienti a spingere i lavoratori a rinunciare del tutto al lavoro in remoto

Mentre i dipendenti si adattano agli ambienti di lavoro post-pandemia, il dibattito sul ritorno in ufficio continua ad alimentare tensioni, non ultime quelle suscitate dall’ordine esecutivo emesso dall’amministrazione Trump sull’obbligo di rientro in ufficio per tutti i dipendenti federali. La questione è oggetto di un sondaggio da LiveCareer, la piattaforma che fornisci servizi di supporto nella preparazione di CV e lettere di presentazione. Intitolato “Rientro in ufficio: realtà e previsioni”, è stato condotto lo scorso gennaio su un campione di oltre mille lavoratori.

Di questi, la maggior parte dei dipendenti preferisce il lavoro da remoto rispetto a quello in presenza, ma il 91% dichiara di conoscere qualcuno a cui è stato richiesto di tornare in ufficio già a partire dal 2023. Secondo il sondaggio, chi si è rifiutato di rientrare ne avrebbe subito ripercussioni negative, almeno stando al giudizio dei colleghi testimoni diretti di esperienze del genere. Ciononostante, per LiveCareer i lavoratori continuerebbero a dare grande valore al lavoro da remoto, privilegiando il risparmio di tempo e denaro e un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro.

Guardando più da vicino i dati salienti sarebbero quindi i seguenti:
– il 60% delle persone prevede che nel 2025 più aziende forzeranno il ritorno in ufficio rispetto al 2024;

– il 91% conosce qualcuno a cui è stato chiesto di tornare a lavorare in presenza dal 2023;

– l’86% ha riportato conseguenze per chi si è rifiutato di tornare in ufficio, al punto che il 63% di loro è stato licenziato, mentre il 23% ha ricevuto richiami formali.

Tra gli altri dati, due terzi dei lavoratori non scambierebbero il lavoro da remoto per un aumento di stipendio del 15%. Le menzioni di “lavoro da remoto” sui curriculum sarebbero infatti quasi triplicate, passando dal 4% nel 2018 all’11% nel 2025.

Guardando al futuro, i dipendenti si aspettano una continua spinta verso il lavoro in presenza. Il 60% ritiene infatti che aumenteranno le aziende che richiederanno il lavoro full-time in ufficio.

In vista degli scenari probabili di qui a qualche anno, è interessante sottolineare come il sondaggio di LiveCareer parli anche un 37% di persone che tornerebbe per un aumento di stipendio di almeno il 15%. Il 35% rinuncerebbe poi al lavoro da remoto per una settimana lavorativa di quattro giorni. Il 10% lo farebbe in cambio di ferie pagate illimitate.

In sostanza, i lavoratori non vogliono rinunciare al lavoro remoto, al punto che nemmeno gli incentivi economici da soli basterebbero a convincerli.

Il commento sul sondaggio è affidato a Jasmine Escalera, esperta di carriera per LiveCareer. «Anche se molti prevedono un aumento delle richieste di rientro in ufficio, la forte preferenza per il lavoro da remoto sottolinea un cambiamento profondo nei valori professionali. I datori di lavoro che daranno priorità alla flessibilità e capiranno queste esigenze avranno un vantaggio nell’attrarre e mantenere i migliori talenti in un mercato del lavoro in continua evoluzione».

Per approfondire i risultati del rapporto, qui è possibile consultarne lo studio completo.

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