
In arrivo alla Camera la proposta di legge anti stress e burnout
Il prossimo 11 settembre, nella sala stampa della Camera dei Deputati, sarà presentata una Proposta di Legge che si prefigge di introdurre sostanziali modifiche al Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro, con l'obiettivo di favorire la reale protezione del benessere psicologico dei lavoratori. A promuoverla, l'Onorevole Carmen di Lauro, membro delle commissioni Affari Sociali e Infanzia e Adolescenza della Camera dei Deputati, e Lorenzo Tedeschi, giovane imprenditore, da tempo attivo sul fronte del benessere psicologico nel mondo del lavoro, che racconta nell'articolo i principali punti su cui verte la PdL.
di Lorenzo Tedeschi *

Apportare modifiche al Testo Unico per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro, definire precisi standard di certificazione per il benessere psicosociale nelle organizzazioni, premiare le aziende che si certificano con l’innalzamento dei fringe benefit per l’anno fiscale successivo: sono questi i principali obiettivi della Proposta di Legge che sarà presentata il prossimo 11 settembre nella sala stampa della Camera dei Deputati. L’obiettivo è introdurre una significativa modifica alla legge 81/2008, un primo, significativo passo per cominciare a parlare di burnout, ansia e stress da lavoro in modo concreto e risolutivo.
A promuoverla assieme a me, è l’Onorevole Carmen Di Lauro, membro delle commissioni Affari Sociali e Infanzia e Adolescenza della Camera dei Deputati.
Dal nostro punto di vista, si tratta di una piccola, grande rivoluzione per la tutela della salute mentale dei lavoratori. Perché ne siamo convinti? Perché pensiamo che i temi del benessere mentale e della disaffezione dei lavoratori verso le aziende sono ancora molto caldi e attuali, al punto da aver smesso da tempo anche in Italia di essere trend importati dall’estero, diventando invece reali criteri con cui in molti – a partire dai giovani – scelgono dove andare a lavorare e per quali posizioni candidarsi.
Guardiamo insieme qualche dato.
Secondo il Censis, nel nostro Paese circa un lavoratore su tre sta sperimentando una condizione di burnout e distacco dal lavoro. Una situazione che nel 47,7% dei casi riguarda i giovani, seguiti dagli adulti (28,2%) e dai lavoratori anziani (23,0%). E che affonda le sue radici anche nel profondo clima di incertezza e instabilità geopolitica, economica e sociale che sta caratterizzando questi tempi.
Se da un lato c’è chi inizia a parlare – mediaticamente – di “epidemia del burnout”, dall’altro è stimato che, solo nel primo quadrimestre del 2024, in Italia le denunce di malattie professionali dovute allo stress siano aumentate del 109,7% (fonte: Rainews) e che questo disagio psichico costi in Europa oltre 100 miliardi di euro, che ricadono in gran parte sui datori di lavoro in termini di turnover, cali di produttività, presenteismo e assenze.
Di qui la nostra Proposta di legge, ispirata dal sottoscritto e firmata da Di Lauro, protocollata dalla Camera dei Deputati lo scorso 14 marzo.
Nello specifico, su quali punti verte il nostro testo e a quali scenari potrebbe condurre?
Ve li riassumo in questo modo. La PdL mira ad ottenere i seguenti risultati:
– adeguare gli strumenti normativi esistenti (a partire dal Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro) alla crescente esigenza di sicurezza psicologica da parte dei dipendenti e all’importanza del benessere psicologico in azienda;
– proporre degli standard di Certificazione del Benessere Psicosociale nei luoghi di lavoro, alla stregua della Certificazione della Parità di Genere (prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022);
– per i datori di lavoro in possesso della Certificazione per il Benessere Psicosociale nei luoghi di lavoro (rilasciata da enti accreditati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali), innalzare le soglie di defiscalizzazione previste per i beni e servizi rientranti nel welfare aziendale. Sarebbero quindi elevate a 1.500 euro annui per ciascun lavoratore dipendente e a 2.500 euro annui per ciascun lavoratore dipendente con figli fiscalmente a carico;
– rendere la Certificazione per il Benessere Psicosociale nei luoghi di lavoro un pre-requisito per poter diventare società benefit, continuare a godere della qualifica e partecipare alle gare pubbliche di affidamento (appalti).
Forse qualcuno di voi si starà chiedendo: è davvero necessaria una Certificazione per il Benessere Psicosociale nei luoghi di lavoro?
Più che una certificazione, sono necessari degli strumenti legislativi che rendano il benessere e la dignità dei lavoratori una priorità per le aziende e per il Paese. Occorrono mezzi che facilitino le aziende nell’adozione di una cultura del benessere psicologico delle persone, che permettano alle organizzazioni virtuose di comunicare in modo chiaro la propria posizione e che tutelino i potenziali candidati (e il mercato) dalle “false società benefit”. Quelle divenute tali per mero opportunismo e greenwashing invece che per una reale propensione valoriale.
Quindi, sì. Una certificazione per il benessere psicosociale nei luoghi di lavoro è necessaria, ed è necessario molto altro ancora.

*Chi sono (da LinkedIn)
Bevo Estathè e cerco di rendere il mondo un posto migliore. Sono co-founder e AD di TeamDifferent, una realtà nata per fornire consulenza e formazione allo scopo di proteggere il benessere mentale delle persone negli ambienti di lavoro. La nostra missione è curare progetti di supporto psicologico, training del management e della popolazione aziendale, sensibilizzando la società all’importanza di proteggere la nostra salute mentale.
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