Lo sport, scuola di resilienza da portare con noi al lavoro

In un mondo del lavoro diventato sempre più fluido, le competenze soft sono sempre più centrali. Tra queste ultime c'è la resilienza, un'abilità che lo sport è in grado di allenare moltissimo proprio perché ci insegna ad accettare il fallimento e la necessità di recupero. Ne parla la contributor Graziella Saccinto nel suo nuovo articolo.

di Graziella Saccinto*

L’estate è la stagione ideale per rimettersi in movimento, ma se abbiamo davvero l’intenzione di portare con noi, nella nostra quotidianità di lavoratrici e lavoratori, i benefici provati in questi giorni al mare o in montagna, vi suggerirei di prestare attenzione a una riflessione che mi accompagna da tempo. Eccola qua, sotto forma di domanda: secondo voi, quanto lo sport, nella sua semplicità e intensità, è una vera scuola di resilienza? Risposta ovvia, almeno per me: moltissimo. E vi dirò di più: tutta questa resilienza, se coltivata con consapevolezza, può diventare una risorsa preziosa anche nel lavoro. Perché lo penso? Continuate a leggere, per scoprirlo.

In questi giorni sto preparando il mio prossimo Iron(Wo)man: una gara che non è solo una sfida fisica,
ma un viaggio mentale. Lo sport, infatti, non è solo movimento: è disciplina mentale, gestione emotiva, spirito di squadra. È una palestra di vita che ci forma per affrontare le sfide, superare gli ostacoli e
trasformare le cadute in slancio. In questo, la disciplina dell’Ironman è una vera maestra di resilienza.

Quasi tutte le mattine la sveglia suona all’alba, per allenarmi prima che le temperature torride prendano il sopravvento. Incastro gli allenamenti tra impegni e momenti di recupero: un esercizio continuo di adattamento. E ogni volta che supero un ostacolo, che sia un allenamento difficile o una giornata in cui il corpo non risponde, mi accorgo che sto allenando anche la mia capacità di affrontare le sfide professionali.

Lo sport ci insegna a gestire la fatica, a convivere con l’incertezza, a rispettare i tempi. Non sempre si
può spingere al massimo: il recupero è parte della performance, e ascoltare il corpo è fondamentale.
Queste stesse competenze, quando entrano nel lavoro, diventano strumenti di leadership, di gestione
del cambiamento, di benessere organizzativo
.

Definisco la resilienza non solo come capacità di “resistere”, ma come un insieme di strategie
proattive, mindset positivi e ambienti di supporto
che aiutano a prosperare anche sotto pressione. In
ambito aziendale, questo si traduce in team più coesi, leader più empatici e collaboratori più capaci di
affrontare l’incertezza.

Mi piace citare spesso una frase di Winston Churchill, che diceva: «Success is not final, failure is not fatal: it is the courage to continue that counts», «Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: è il coraggio di continuare che conta».

Questa frase mi ricorda che né le vittorie né le sconfitte definiscono chi siamo. Quello che davvero fa
la differenza è la capacità di andare avanti, di rialzarsi, di continuare a provarci. E nel mondo del
lavoro
, dove il cambiamento è costante e le sfide non mancano, questa filosofia è più attuale che mai.

La resilienza è anche relazione
Lo sport ci insegna il valore del supporto: nessun atleta cresce da solo. Allenatori, compagni, amici —
il sistema di relazioni è fondamentale per costruire resilienza. Lo stesso vale in azienda. Diversi report
affermano che le organizzazioni che offrono almeno 10 benefit legati al benessere (incluso il supporto
mentale) hanno il 72% di probabilità in più di trattenere i propri talenti. La resilienza, quindi, non è solo
individuale: è culturale.

Non si tratta, insomma, solo di performance. Si tratta di creare ambienti dove le persone possano sbagliare, recuperare, crescere. Dove il fallimento non è un tabù, ma una tappa. Dove il benessere non è un benefit, ma una strategia.

Prepararsi a un Ironman, per me, è diventato un laboratorio di resilienza quotidiana. Ogni chilometro
percorso, ogni allenamento portato a termine, ogni dubbio superato, mi rende una professionista più
centrata, più empatica, più capace di affrontare le sfide con lucidità. Perché lo sport non è solo tempo
libero: è formazione, è crescita, è cultura.

Il corpo come alleato nel lavoro
In un’epoca in cui il lavoro richiede sempre più adattabilità, intelligenza emotiva e capacità di gestire
l’incertezza, lo sport può essere un alleato potente. Non serve essere atleti professionisti: basta
iniziare, ascoltarsi, mettersi in gioco. E scoprire, giorno dopo giorno, che il corpo può insegnarci molto
anche su come lavorare meglio.

Per noi specialisti del settore HR, lo sport può diventare una leva strategica, un linguaggio comune per
parlare di benessere, di obiettivi, di gestione del tempo e delle emozioni. Le aziende che integrano
pratiche sportive
, anche semplici, come camminate di gruppo, challenge di movimento o momenti di
mindfulness attiva , vedono crescere il senso di appartenenza, la motivazione e la capacità di
affrontare lo stress.

In un mondo del lavoro sempre più fluido, dove le competenze soft diventano decisive, lo sport ci offre
un modello concreto per allenare la resilienza, la disciplina, la collaborazione. E ci ricorda che il corpo
non è separato dalla mente: è parte integrante della nostra performance.

Se lo sport ci insegna a cadere e rialzarci, a dosare le energie, a rispettare i tempi e a cercare il supporto giusto, allora è tempo di portare questi insegnamenti anche dentro le aziende.
E se iniziassimo a progettare ambienti di lavoro dove la resilienza non è solo richiesta, ma allenata?
Dove il fallimento è parte del percorso, e il recupero è valorizzato quanto la performance?

Il cambiamento non parte dai grandi numeri, ma dalle scelte quotidiane. Dalle conversazioni che
facciamo, dai modelli che proponiamo, dalle pratiche che incoraggiamo. Lo sport ci ha già mostrato la
strada
. Sta a noi decidere se vogliamo davvero percorrerla anche al lavoro.

*Chi sono

Counselor, Formatrice Aziendale e Professionista in Empowerment Sportivo, sono anche triatleta IronWoman e Maratoneta. Credo nel potere trasformativo dello sport, dentro e fuori l’ufficio: ogni sfida affrontata con il corpo è un’opportunità per allenare la mente, costruire relazioni e generare cultura. Perché la resilienza non s’insegna: si vive, si allena e si condivide. Con il sorriso.

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