
Il futuro del lavoro secondo me? Mai più come prima
Regole, stili, modelli e competenze: tutto è destinato a cambiare radicalmente nel mondo del lavoro di qui a pochi anni. Lo sostiene fortemente la nostra Atena Manca nel suo nuovo articolo, che considera la trasformazione in atto come una enorme opportunità per costruire un modo di vivere (e non solo di lavorare) completamente nuovo
di Atena Manca*

Il futuro del lavoro è uno di quei temi che mi incuriosiscono da tempo. Forse perché mi rendo conto che il mondo sta cambiando più in fretta di quanto siamo abituati ad ammettere.
Negli ultimi mesi ho letto, ascoltato, osservato. Report internazionali, studi europei, video su YouTube, podcast. Ho raccolto spunti e domande. E alla fine ho provato a mettere insieme l’idea che mi sto facendo. Senza pretese di verità, ma con la voglia di riflettere. Perché se c’è una certezza, è che il lavoro che verrà non assomiglierà più a quello che abbiamo conosciuto finora.
Ci dicono che lavoreremo meno ore. McKinsey stima che, entro il 2030, fino al 30% delle attività lavorative in Europa sarà automatizzabile. Ma il punto non è il tempo. È lo spazio mentale. Il problema non sarà lavorare troppo, ma non riuscire più a staccare. Il 64% dei lavoratori globali si dice in burnout, spesso per colpa di notifiche continue, sovrapposizione tra vita e lavoro, riunioni a orari impossibili. L’AI ci libererà da certi compiti, ma non ci libererà dalla pressione, se non impariamo a gestirla.
Un altro cambiamento già in atto riguarda la flessibilità. Il 78% dei lavoratori europei, secondo Randstad, non accetterebbe un lavoro senza forme di autonomia. E non si tratta solo di lavorare da casa: si tratta di rispetto del tempo, di fiducia, di possibilità di organizzarsi. Le aziende che non lo capiranno non solo perderanno attrattività, ma rischiano di perdere motivazione interna. Perché le persone non vogliono essere controllate: vogliono essere responsabilizzate.
Anche l’idea di carriera sta cambiando. LinkedIn mostra che i profili con almeno una pausa dichiarata sono aumentati del 49% in due anni. L’OCSE parla di “transizioni professionali multiple” come norma, non eccezione. Le carriere non saranno più lineari. E finalmente andrà bene così. Ci saranno pause, svolte, deviazioni. E chi saprà raccontare queste traiettorie con lucidità sarà spesso più interessante di chi ha seguito tutti i gradini in ordine, ma senza mai mettersi in discussione.
In tutto questo, i manager avranno un ruolo chiave. O meglio, dovranno cambiare pelle. L’85% dei dipendenti nel mondo si sente poco coinvolto, e la variabile che pesa di più è la qualità del proprio capo. Il manager del futuro sarà quello che ascolta, che guida, che fa crescere. E non è solo una questione di stile: è una questione di efficacia. Perché la fiducia genera valore, il controllo no.
Anche il modo in cui valutiamo il contributo cambierà. Gartner riporta che il 56% dei lavoratori ibridi teme che la propria performance venga giudicata in base alla visibilità, non al risultato. E in effetti, siamo ancora legati all’equazione: “se ti vedo, lavori”. Ma la produttività non passa più dalla presenza. Passa dall’impatto. E se non impariamo a riconoscerlo, perderemo le persone migliori. Quelle silenziose, magari meno appariscenti, ma decisive.
Infine, c’è il nodo del reskilling. Fino a 12 milioni di lavoratori europei dovranno cambiare ruolo o aggiornare le proprie competenze entro il 2030, sempre secondo McKinsey. La trasformazione è enorme. Ma non si può parlare di futuro del lavoro senza parlare di formazione. Imparare a imparare sarà la competenza chiave. E le aziende che investiranno davvero in percorsi di crescita saranno quelle in cui le persone resteranno. Perché sentiranno che lì hanno un futuro, non solo un contratto.
Non ho risposte assolute, e non pretendo di averne. Ma questa è l’idea che mi sono fatta. Il mondo del lavoro non tornerà com’era. E forse è un bene. Perché questa fase di transizione ci sta offrendo una possibilità: quella di rimettere in discussione regole, modelli, stili. E, con un po’ di coraggio, di costruire un modo nuovo di lavorare. E di vivere.
Parlo di questi temi anche sul mio blog e sul mio profilo Instagram, restiamo in contatto!

* Chi è l’autrice
Atena Manca è una professionista con 20 anni di esperienza nel marketing e nella comunicazione. Laureata in Economia per l’Arte e la Cultura all’Università Bocconi e con un Master in Marketing a Publitalia ’80, ha completato di recente il corso Mastering Digital Marketing in an AI World alla London Business School. Creatrice del blog Madonnager.it, Atena condivide riflessioni e consigli (anche quelli non richiesti!) su come bilanciare carriera, maternità e vita personale, sempre con un pizzico di ironia.
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