
“The Exchange” disegna il futuro del lavoro dando voce alla Gen Z
Resoconto della seconda edizione di The Exchange- Disegniamo il futuro del lavoro, organizzata da ManpowerGroup Italia per ragionare insieme su aspettative e istanze del lavoro che ci attende negli anni che verranno.
Se c’è una certezza nella storia dell’uomo è che la calma piatta non è mai esistita. A farci credere il contrario, semmai, è stata la globalizzazione, che ha subìto qualche scossone solo in anni più recenti, dal Covid a Trump. A sostenerlo, è stato Paolo Magri, il Presidente del Comitato Scientifico di ISPI, nel suo speech di apertura di “The Exchange – Disegniamo il futuro del lavoro”, la seconda edizione della kermesse di ManpowerGroup, organizzata nuovamente al Superstudio Più di Milano lo scorso 4 giugno.
Protagonisti principali dell’iniziativa i giovani della Gen Z, destinati a diventare entro il 2030 un terzo delle persone presenti nelle aziende a livello globale. Proprio loro sono nati e cresciuti tra il 1997 e il 2012, ossia nel momento in cui affioravano le prime crepe nella narrazione di calma apparente, cifra simbolo del recente passato descritto da Magri. In chiusura di speech (intitolato, non a caso, “Orientarsi nell’incertezza globale”) lo studioso ha comunque invitato la platea a preoccuparsi sì del futuro, ma non ad angosciarsi. «L’Europa ha molti punti di forza», ha precisato, ma, «Nessun dorma», ha aggiunto, se non vogliamo cedere al gigantesco modello Made in China.
Restare lucidi e combattivi in un tempo come il nostro ci impone di riscrivere le regole base del nostro quotidiano, passando dalla “Me” alla “We” Economy, come chiedono proprio le generazioni più giovani.
Come agevolare questa trasformazione? Come lo scorso anno, la ricetta di “The Exchange” si è basata sulla scrittura condivisa di un Manifesto, articolato nelle cinque parole chiave associate alle aziende auspicate per il futuro.

Si tratta di “eco-digitale”, “umano”, “personalizzato”, “adattabile” e “plurale”, parole che ora faranno da filo conduttore al Roadshow lungo l’Italia concepito proprio per «approfondire le evoluzioni del mercato del lavoro e continuare a dare alla Gen Z la possibilità di far sentire la loro voce». Ad annunciarlo, è stata Anna Gionfriddo, Amministratrice Delegata di ManpowerGroup Italia, giusto in chiusura dell’Annual Conference. Si partirà quindi da Catania in autunno, ma l’auspicio espresso dall’AD è soprattutto di ritrovarsi in occasione della Annual Conference ManpowerGroup 2026, per commentare e ricondividere ancora una volta «le riflessioni emerse dal nostro percorso nel corso dei prossimi 12 mesi».
Tra le fonti di ispirazione delle cinque parole contenute nel Manifesto 2025 ha giocato un ruolo centrale l’osservatorio di ManpowerGroup sulle tendenze e i desideri delle e dei giovani talenti, intitolato “World of Work for Generation Z in 2025″. Nello specifico, lo studio ha messo in luce come, tra tutte le fasce di età, le persone della Gen Z siano le più propense a dichiarare che lasceranno la loro attuale posizione lavorativa nel giro di sei mesi (49% in Italia vs 47% a livello globale) e sono anche quelle più convinte (35% in Italia vs 34% a livello globale) che saranno comunque costrette a farlo, oltre ad essere le meno sicure di riuscire a trovare un nuovo lavoro in linea con le loro esigenze (20% in Italia). Valori in linea con la media mondiale che delineano dunque un trend globale.
In calo, secondo ManpowerGroup, l’engagement dei giovani talenti rispetto alle aziende in cui lavorano negli ultimi cinque anni, passato dal 40% al 35%. In particolare, le persone più giovani si sentirebbero meno seguite e supportate sul lavoro, avvertirebbero una diminuzione di opportunità di apprendimento e di sviluppo di nuove competenze. Diminuita anche la connessione agli obiettivi aziendali, anche per via delle più scarse occasioni di confronto con il management, di crescita professionale e di possibilità di far valere la propria opinione.
Ai dati sopra riportati si aggiunge anche la maggiore fragilità mentale della GenZ rispetto alle generazioni più adulte: secondo l’osservatorio, gli/le Zoomers sarebbero tra i più inclini (57% in Italia vs 52% a livello globale) a segnalare un elevato livello di stress nelle attività lavorative quotidiane. Mentre, ad esempio, solo il 44% dei/delle “baby boomer” italiani/e (vs 33% di quelli a livello globale) lamenterebbe un elevato livello di stress sul lavoro.
Oltre a sentirsi sotto pressione, insomma, i più giovani sono anche quelli che temono più di tutti di non avere futuro nelle aziende in cui lavorano attualmente. Un problema serio, secondo ManpowerGroup, perché incide sulla difficoltà di trovare personale qualificato. Perché ciò sia possibile, sarebbe invece essenziale investire più risorse nel recruiting e poi nell’upskilling e reskilling. Solo in questo modo sarà infatti possibile prepararle a diventare le figure leader del futuro.
Per fortuna, qualche strategia adottata dalle aziende italiane per fronteggiare il problema già c’è e consiste nella creazione di ambienti di lavoro più attraenti per la Gen Z, migliorando ad esempio le dotazioni tecnologiche (37%), adottando soluzioni per il benessere sul luogo di lavoro (37%), offrendo orari di lavoro flessibili (27%), salari più elevati (22%) e puntando sulla crescita professionale (28%).
Il confronto sulle istanze della generazione Z è stato alimentato anche dai tre tavoli di discussione dedicati ad approfondire i temi del benessere, della fiducia e dell’ascolto al lavoro. Chiamati a parlarne sono stati Mariarita Costanza, Co-founder e CTO di Macnil e co-founder e CEO di Everywhere e Christian Born, Country Manager di Bandai Namco Entertainment; poi Fabio Leonardi, CEO di Igor Gorgonzola, Giulia Leonardi, Export Sales Manager e Sustainability Manager di Igor Gorgonzola, e Niccolò Cipriani, Founder & CEO di Rifò. Infine, sul palco di The Exchange sono saliti David Avino, CEO and Founder di Argotec e Anna Gionfriddo, Amministratrice Delegata di ManpowerGroup Italia.
Da segnalare anche le performance, accompagnate da altrettanti inspiring speech, affidate a Chiara Luzzana, creatrice di suoni e compositrice, La NIÑA cantautrice, musicista e produttrice, e Germano Lanzoni, attore e founder di HBE, con Tommy Kuti, attore e artista.
Dalla domanda “Perché gli italiani vanno all’estero?” è invece partito lo speech di Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, dedicato a ragionare attorno al tema “La nuova geografia dell’economia e del lavoro”. In primo luogo, l’economista ha rimarcato come la fuga dei cervelli abbia investito non solo i giovani, anche perché sono già dieci anni che oltre 30mila italiani sotto i 35 anni hanno lasciato l’Italia per costruirsi un futuro migliore.
Le cause? La perdita costante del potere di acquisto degli italiani, registrata dal 1999 al 2019. L’inversione di tendenza degli ultimi anni è frutto in verità dell’afflusso di risorse europee e altri investimenti pubblici del periodo post-pandemico e non di creazione di lavoro di buona qualità. A crescere, ha precisato infatti l’economista, sono stati soprattutto posti di lavoro a basso valore aggiunto e poco pagati nella ristorazione, nel commercio, nelle costruzioni.
Perché vi sia un deciso aumento di posti di lavoro specializzati, che portino anche maggiore produttività e più alti stipendi, bisognerebbe, secondo Cottarelli, intervenire su quattro fronti: «Abbassare la pressione fiscale e il costo dell’energia, snellire la burocrazia e ridurre la durata dei processi civili».
In più, è essenziale affrontare la questione dell’invecchiamento demografico, particolarmente seria nel nostro Paese, che tra gli effetti negativi produce la scarsa capacità delle generazioni più giovani di far sentire la propria voce. Di qui l’appello conclusivo di Cottarelli alla generazione Z: «Andate a votare, costringete i politici ad ascoltarvi per avere i vostri voti. E non abbiate paura dei cambiamenti della transizione digitale: l’innovazione tecnologica non cancellerà posti di lavoro. Certi ruoli spariranno, ma altri si svilupperanno e l’aumento della produttività permetterà a tutti di lavorare meno e guadagnare di più. Ma se in Italia non si creano condizioni per fare investimenti, tecnologici e non, i nostri giovani continueranno a cercare lavori migliori all’estero».
Segnali di speranza sulle chance della Gen Z di contare di più nel futuro prossimo venturo sono arrivati da David Herranz, Regional President of Southern Europe di ManpowerGroup, che l’ha giudicata invece più in grado rispetto ad altre di non mollare su «valori, aspettative, carriera ed equilibrio vita-lavoro». Le aziende che vogliono davvero attrarre i migliori talenti dovranno pertanto «dimostrarsi flessibili per capirli al meglio», ha sottolineato ancora Herranz. L’Italia, come il resto dell’Europa, è «una grande fucina di talenti e di giovani ricchi di competenze», ha aggiunto. Di qui il grande ruolo giocato da un’iniziativa come The Exchange, nata proprio per favorire il dialogo tra le persone che vogliono davvero contribuire alla crescita, non solo economica, del nostro mondo.
Per maggiori dettagli sul Manifesto per il futuro del lavoro cliccare qui.
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