Le migliori aziende dove lavorare: perché l’Italia è fuori dal ranking
Cisco, Hilton e DHL Express sono sul podio delle 25 aziende migliori dove lavorare al mondo secondo la classifica di Great Place To Work. Il commento del Ceo di Great Place To Work Italia, Alessandro Zollo
Tre colossi globali si sono aggiudicati l’edizione 2025 del ranking World’s Best Workplaces di Great Place to Work: si tratta di Hilton, DHL Express e Cisco. Si tratta di realtà diverse per settore, storia e modello organizzativo, ma accomunate da un tratto decisivo: la capacità di costruire ambienti di lavoro fondati sulla fiducia reciproca, su un forte senso di appartenenza e su una leadership capace di ascoltare. Scorrendo la classifica, si scopre però anche un’amara verità: nessuna tra le prime 25 è italiana, benché molte tra le migliori abbiano sedi e migliaia di dipendenti anche nel nostro Paese.

Scendendo nel dettaglio delle aziende sul podio, Hilton si conferma leader assoluto grazie a un approccio all’ospitalità che mette al centro le persone tanto quanto i clienti. DHL Express, autentico gigante della logistica internazionale, sarebbe invece capace di gestire una forza lavoro distribuita in oltre 220 Paesi mantenendo elevati standard di cultura aziendale. L’icona dell’innovazione tecnologica Cisco investirebbe infine da anni sul benessere dei collaboratori con programmi di crescita e politiche di inclusione riconosciute a livello globale.
Osservando il ranking emerge inoltre un dato che colpisce più di altri: la geografia delle migliori organizzazioni. Ben il 64% delle aziende in classifica ha sede negli Stati Uniti, che si confermano il Paese con la maggiore concentrazione di ambienti di lavoro d’eccellenza.
Seguono la Germania, che porta nel ranking il 12% delle realtà premiate, e poi Regno Unito e Irlanda, presenti con il 4% ciascuno. Una distribuzione che evidenzia non solo la forza economica di questi Paesi, ma soprattutto la maturità delle loro culture manageriali, dove la centralità del dipendente non è un elemento accessorio, ma un pilastro delle strategie di business. È un messaggio che emerge anche dalla composizione settoriale: domina l’IT, con il 32% delle aziende presenti, seguito da manifattura, produzione e servizi finanziari e assicurativi. Dove innovazione, talento e capacità di trattenere le competenze sono fattori critici, la qualità dell’esperienza lavorativa diventa un vantaggio competitivo.
Sull’assenza dell’Italia dai “best workplaces” nel mondo, Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, ha commentato: «È triste constatare che nessuna azienda italiana sia presente in questa esclusiva classifica», afferma, evidenziando come il nodo cruciale sia la difficoltà di molte organizzazioni a sviluppare una cultura manageriale capace di ascoltare davvero le persone.

Zollo insiste inoltre su un punto chiave: le aziende che guidano il ranking non sono solo luoghi in cui si sta meglio, ma sono anche quelle che crescono di più, che superano i benchmark di mercato e che registrano performance finanziarie superiori. Non è dunque una questione di “buonismo”, ma di strategia. Eppure, secondo il CEO, il management italiano fatica ancora ad accettare il valore del confronto trasparente con i propri collaboratori. «Per poter rispondere alle sfide poste dall’attuale situazione economica e geopolitica – afferma – il management delle organizzazioni italiane deve fare un bagno di umiltà».
Un invito che suona come un monito ma anche come un’opportunità. Se i modelli di eccellenza mondiale indicano una strada chiara – fiducia, ascolto, cura delle persone, leadership partecipativa – la vera sfida per l’Italia è trasformare questi elementi da slogan a pratiche quotidiane. Solo così potrà sperare, un giorno, di entrare in un ranking che non misura solo il successo delle imprese, ma la qualità del loro rapporto con chi quel successo lo rende possibile: le persone.
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