Debutta Claire, il primo AI agent per il recruiting targato nCore HR
In occasione del lancio in versione beta del nuovo tool, nCore HR ha presentato anche i risultati di una ricerca su chi cambia lavoro in Italia: favoriti gli over 45 e sempre più candidati si dicono aperti all’uso dell’AI nei processi di selezione
Luci accese sull’AI recruiting con Claire, l’agente di intelligenza artificiale verticale creato dalla tech company milanese nCore HR, specializzata nelle soluzioni digitali per la gestione del personale. Concepito per essere ben più di uno strumento di supporto, Claire rappresenta una nuova frontiera nel recruiting per la sua capacità di gestire in autonomia ricerca, valutazione oggettiva e interazione con candidati, HR e manager. Per svilupparlo, l’azienda ha utilizzato il proprio ampio bagaglio informativo già focalizzato sul settore della selezione.

Fondata a Milano nel 2019 da Enrico Ariotti e Aldo Toja, nCore HR utilizza infatti un Applicant Tracking System (ATS) avanzato integrandolo già con strumenti di intelligenza artificiale per ottimizzare l’acquisizione dei talenti. Ad oggi la piattaforma cloud dell’azienda, attiva in 13 lingue, è in grado di elaborare oltre 27.000 CV al giorno, permettendo di automatizzare fino al 60% delle attività un tempo gestite direttamente dagli HR. Ma come funziona Claire?
In primo luogo, il nuovo AI recruiting è in grado di operare su tutto il perimetro del processo di selezione. Si parte quindi dall’intake meeting con il datore di lavoro, ossia un colloquio vero e proprio di circa 10 minuti durante il quale l’agente raccoglie tutte le informazioni necessarie per elaborare l’annuncio più efficace, offrendo anche suggerimenti su come perfezionarlo.
Una volta approvato, l’annuncio è pubblicato da Claire sulle principali piattaforme di lavoro. In parallelo l’agente può avviare una ricerca proattiva, analizzando milioni di dati relativi ai potenziali candidati. In altri termini, il nuovo agente verticale di nCore HR non si limita a riconoscere e scremare i curricula ricevuti, bensì è in grado di contattare direttamente i profili più in linea, fornendo loro tutte le informazioni sulla posizione e aggiornamenti costanti sul processo di selezione tramite e-mail e messaggi.
Nelle due settimane successive all’incontro con il datore di lavoro, Claire gestisce inoltre in autonomia l’intero flusso di recruiting, quindi monitora le candidature, offre feedback continui ai candidati, somministra test e analisi per valutare soft skill e motivazioni, aggiornando in tempo reale il team HR, che a sua volta può intervenire per affinare la ricerca anche in corso d’opera.
Al termine di questa fase, l’agente artificiale elabora una long list di candidati qualificati e organizza i colloqui video tra azienda e candidati, consegnando ai recruiter un processo di selezione trasparente, equo e altamente efficace.
In occasione della presentazione di Claire in versione beta lo scorso 13 novembre (il rilascio ufficiale per i clienti nCore avverrà il 15 gennaio 2026, mentre a tutto il mercato il 2 marzo 2026), la tech company ha diffuso anche i dati di una ricerca realizzata lo scorso ottobre dall’Istituto Research Dogma appositamente per l’azienda milanese. Intitolata “Cambiare lavoro in Italia: esperienze e attese”, ha coinvolto un campione di 800 persone tra i 18 e i 65 anni che hanno cercato/cambiato lavoro dipendente negli ultimi tre anni e/o lo cercheranno nei prossimi tre. Il quadro che ne viene fuori è un panorama in costante movimento, non privo di sorprese.
Nel dettaglio, il mercato di chi cerca lavoro – sia il primo impiego sia una nuova opportunità – varrebbe oggi in Italia circa 10 milioni di persone, pari al 40% della popolazione attiva, ossia 25 milioni di persone secondo quanto dice l’Istat.
Il profilo di chi cerca lavoro, o prevede di farlo nei prossimi tre anni, vede prevalere gli over 45: non sono i giovani i più attivi nella ricerca, bensì gli adulti tra i 45 e i 65 anni, che rappresentano il 54% del totale. Le fasce di età si distribuiscono in modo equilibrato tra uomini e donne (50/50).
La tendenza tratteggiata nella ricerca confermerebbe in sostanza la fotografia Istat di un Paese con una forza lavoro sempre più matura. Nel 2025 gli over 40 rappresentano infatti il 58,5% della popolazione attiva, contro una distribuzione più bilanciata vent’anni fa. Mentre tra i 15-34enni aumentano le persone inattive (che non lavorano né cercano lavoro), tra gli over 50 cresce il numero degli occupati.
La motivazione economica torna centrale, ma non è l’unica: il 43% cerca lavoro per ottenere uno stipendio migliore o più sicuro, il 32% per trovare un impiego più motivante o vicino ai propri interessi e il 25% per opportunità di crescita professionale.
La ricerca di lavoro è spesso efficace: il 43% di chi ha cercato lavoro negli ultimi tre anni dichiara di essere stato assunto. Tuttavia, un terzo di loro ritiene probabile cambiare ancora nei prossimi tre anni, il che sarebbe un ulteriore segnale di mobilità del mercato del lavoro piuttosto alta.
Come si cerca lavoro? La ricerca di Dogma trova che siano ancora molto diffusi i canali personali di contatto, pari al 46% del totale, seguiti dal telefono. Circa il 40% dei candidati ha invece dichiarato di aver usato modalità digitali – video colloqui, social, WhatsApp o piattaforme aziendali.
Sulla soddisfazione dei candidati rispetto ai canali utilizzati per trovare lavoro, resta maggioritaria la quota di quelli che lo sono solo abbastanza. L’area più critica riscontrata dagli intervistati restano i tempi di risposta, accanto al momento del colloquio, considerato invece un vero e proprio punto debole. Solo il 16% sarebbe infatti molto soddisfatto della relazione con il recruiter, e appena il 17% si è dichiarato pienamente a proprio agio durante l’incontro.
Da segnalare poi anche la questione della reputazione online, tuttora poco considerata rispetto ad altre modalità di contatto con il mercato. Secondo Dogma sono infatti ancora poche le persone che puntano nella valorizzazione delle proprie competenze attraverso contenuti digitali o profili aggiornati, il che sarebbe una dimostrazione di una certa ingenuità da parte dei candidati, che non sempre percepiscono quanto le aziende siano invece attente alla loro attività online.
Forte è invece l’apertura verso l’uso dell’intelligenza artificiale nel recruiting: quasi il 50% dei rispondenti si è dichiarato curioso o favorevole al suo utilizzo, confidando in processi più rapidi, neutrali e trasparenti. Solo una minoranza (27%), al contrario, ha dichiarato che un colloquio con un agente AI lo metterebbe a disagio. Secondo la ricerca, insomma, l’ideale per i candidati sarebbe un mix tra AI e incontro con recruiter umano.
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