Settembre, è tempo di ripresa, ma senza “infinite workday” si vive meglio

Secondo quanto emerso dal Work Trend Index 2025 stilato da Microsoft, le giornate dei dipendenti sono diventate infinite: mail, call, notifiche e pochissimo spazio per concentrarsi davvero. La startup HR Clutch ha analizzato il fenomeno, spiegando che non si tratta più solo di una questione di quanto lavoriamo, ma di come lo facciamo. E il tempo va ripensato come leva strategica per un miglior funzionamento aziendale.

Il rientro al lavoro è ormai una realtà, con l’aggiunta, purtroppo, delle cattive abitudini che speravamo di esserci lasciati alle spalle durante l’estate. Stiamo parlando delle continue interruzioni che subiamo, per via del susseguirsi senza pause di messaggi, telefonate, call e notifiche. Si tratta del cosiddetto “infinite workday”, un fenomeno diventato cifra simbolo del presente, che può avere ripercussioni anche molto serie sulla qualità delle nostre vite. Lo ricorda Clutch, la startup di headhunting nata su iniziativa di Lorenzo Cattelani nel 2024, che illustra tre possibili strategie per mettere uno stop al dannoso flusso continuo, conteggiato dal Work Trend Index 2025 di Microsoft in circa 275 interruzioni indebite al giorno.

La prima strada da imboccare consiste, secondo Clutch, nella difesa del “deep work”, ossia del tempo di concentrazione che ci occorre per entrare a fondo in un task. Più nello specifico, studi di neuroscienze cognitive mostrano che servono almeno 23 minuti consecutivi per tornare a uno stato di piena concentrazione dopo un’interruzione. La startup milanese suggerisce quindi di pianificare blocchi orari senza notifiche e di comunicarlo esplicitamente al team, in maniera da consentire il recupero di “ore nette” di produttività strategica.

La seconda strada prospettata prevede di rallentare i flussi comunicativi. Le ricerche sull’overload informativo evidenziano infatti come la richiesta costante di risposte immediate alimenti il cosiddetto “cognitive switching penalty”, ossia ogni cambio di task comporta una perdita fino al 40% di efficienza. Per Clutch vanno quindi ripensate le policy interne (ad esempio introducendo “quiet hours” o riducendo l’urgenza delle risposte), il che significa non solo rispettare i tempi altrui, ma anche ridurre costi nascosti di produttività.

La terza e ultima strategia si concentra sulla gestione dell’AI come strumento liberatorio, non come acceleratore. Che cosa significa? Secondo la startup, gli algoritmi possono sì automatizzare fino al 40% delle attività ripetitive, ma l’impatto diventa davvero positivo solo se il tempo liberato non viene riempito da nuove attività a basso valore. Che cosa fare di quelle ore liberate? Le aziende più avanzate le destinano a creatività, formazione e benessere, trasformando la tecnologia in un volano di crescita personale e non in un amplificatore di pressione.

La ripartenza di settembre, insomma, dovrebbe portare maggiore chiarezza sui nostri obiettivi di lavoro, non diventare il mese simbolo della rincorsa affannosa. Lo sottolinea Lorenzo Cattelani, che aggiunge: «Ripensare la gestione del tempo non significa solo alleggerire le agende: significa ridisegnare i modelli organizzativi, restituire alle persone spazi di concentrazione e dare dignità al lavoro profondo e aziende che scelgono questa strada non misurano solo la produttività immediata, ma valorizzano energia, creatività e innovazione a lungo termine. Non serve correre di più: serve correre meglio».

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