Vuoi negoziare in un’altra lingua? Occhio alle sviste

Babbel for Business illustra sei rischi di fraintendimento in cui potrebbero incorrere i traduttori automatici se utilizzati senza la dovuta preparazione. Studiare le lingue è invece un'ottima strategia per non perdere una facoltà cognitiva importante nella vita oltre che nel lavoro.

Imparare a comunicare in altre lingue è un’opportunità irrinunciabile per il nostro arricchimento cognitivo e culturale, oltre che essere l’unica vera strategia di contrasto ai rischi di atrofia nelle competenze linguistiche causati dal ricorso alle traduzioni automatizzate. Lo sottolinea Babbel for Business, la piattaforma specializzata nella formazione linguistica aziendale, che illustra sei possibili rischi di fraintendimento cui andiamo incontro quando ci affidiamo alle tecnologie senza la dovuta consapevolezza.

Il primo aspetto lessicale che i sistemi di traduzione automatizzati fanno fatica a cogliere è, secondo gli esperti di Babbel for Business, l’uso del sarcasmo. A differenza di altre funzioni linguistiche, infatti, questo tipo di sfumatura nelle parole e nel tono con cui le pronunciamo non è facilmente etichettabile. Detto in altri termini, il sarcasmo non ha un’etichetta grammaticale chiara, per cui, al momento, solo gli esseri umani in carne ed ossa riescono a riconoscerlo, mentre un algoritmo potrebbe faticare a codificarlo senza segnali emotivi aggiuntivi.

Il secondo aspetto che i traduttori automatici simultanei non colgono bene è l’ordine nella costruzione della frase soggetto/oggetto, soprattutto nel passaggio dall’inglese, lingua sulla cui struttura sono costruiti la maggior parte dei translator, all’italiano. Il rischio è quindi che si invertano gli elementi principali della frase, con il risultato di dare vita a traduzioni formalmente corrette, ma semanticamente sbagliate.

Terzo aspetto duro da cogliere per un programma automatico di traduzione la differenza tra i registri formali e informali. Babbel for Business cita gli esempi di lingue come il coreano e il giapponese in cui esistono forme grammaticali e vocaboli differenti in base al grado di rispetto verso l’interlocutore, al contesto sociale o al ruolo istituzionale. Non cogliendo questo genere di sfumature, si rischia insomma di produrre traduzioni socialmente “inappropriate”.

Il quarto problema è l’impiego del code-switching, ossia l’uso di termini stranieri nella propria conversazione in un’altra lingua. Anche in questo caso, i sistemi di traduzione simultanea tendono a concentrarsi su una sola lingua dominante, non cogliendo la necessità di “switchare” nell’altra (o le altre) usata da chi sta parlando.

Quinto aspetto che potrebbe mandare in confusione i sistemi di traduzione automatica sono le pause, i riempitivi e le cosiddette cacofonie, ossia quei suoni (“ehm” e simili) che utilizziamo normalmente nella lingua parlata. Fondamentali nei dialoghi tra umani, i segnali paralinguistici rischiano invece di compromettere la piena comprensione del messaggio da parte dell’algoritmo.

Sesto aspetto sono le parole con più significati e i componenti numerici. Babbel for Business cita la parola “pesca”, che nella nostra lingua indica sia il frutto sia l’attività sportiva. La traduzione automatica potrebbe non comprendere se si sta parlando del primo o del secondo. Analogamente, al traduttore automatico potrebbe non essere chiaro il formato delle date, che da noi prevede la triade giorno/mese/anno al contrario di quanto accade ad esempio negli Stati Uniti.

In definitiva, nonostante i progressi compiuti finora, la traduzione automatica allo stato attuale non è ancora in grado di cogliere la presenza, la sensibilità culturale e la capacità di negoziare degli esseri umani. Lo sottolinea David Linder, Product Lead di Babbel for Business, che insiste sull’importanza di considerare l’AI come un alleato nell’apprendimento delle lingue, non come un suo sostituto: «Anche la scienza cognitiva ha da tempo dimostrato i benefici dell’apprendimento delle lingue», prosegue Linder, per la sua capacità di «riprogrammare letteralmente il nostro cervello, costruendo reti neurali, migliorando memoria, concentrazione e neuroplasticità».

Studiare le lingue ci permette, conclude il Product Lead di Babbel for Business, di affinare «la nostra capacità di osservare il mondo da diverse prospettive», rinforzando le nostre facoltà cognitive, l’unica strategia di contrasto efficace alle crescenti «preoccupazioni sull’atrofia delle competenze causata dall’intelligenza artificiale».

SEGUI LA DIRETTA DI: