
Investimenti digitali negli studi professionali: crescita e limiti
Secondo l'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano, la spesa in nuove tecnologie del settore è cresciuta nel 2024 in modo significativo, ma sono molte le realtà che considerano gli investimenti nel miglioramento del work life balance più importanti di quelli nel potenziamento dell'IA
Cresce negli studi professionali italiani l’investimento in tecnologie digitali. Lo testimonia l’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano, che ha curato una ricerca riferita al 2024, che parla di una spesa in digitale pari a quasi due milioni di euro, con un incremento del 3,5% rispetto all’anno precedente.

Ad investire maggiori risorse, sarebbero stati gli studi multidisciplinari, con una spesa media di 28.200 euro, molto superiore ai 14.300 euro dei Consulenti del lavoro, seguiti dai commercialisti e gli avvocati.
Nonostante la crescita delle risorse a sostegno della digitalizzazione, l’uso concreto resterebbe, secondo l’Osservatorio, limitato per lo più all’implementazione dei sistemi per le videoconferenze. Le altre tecnologie, come la business intelligence e l’intelligenza artificiale (AI), sono ancora adottate da una percentuale ridotta di professionisti (tra il 4% e il 17%).
Lo studio si sofferma anche sulle principali preoccupazioni dei professionisti italiani, riguardanti l’appesantimento normativo, la concorrenza dei grandi operatori e l’insolvenza dei clienti. La ricerca di un buon equilibrio tra vita e lavoro è la priorità assoluta per la maggior parte degli intervistati, mentre l’adozione di tecnologie innovative si colloca solo al nono posto tra le priorità.
L’adozione delle tecnologie digitali è influenzata principalmente da obblighi di legge e necessità operative, ma l’uso strategico delle tecnologie per ampliare i servizi o innovare i modelli di business è ancora poco sviluppato. I professionisti italiani, sebbene consapevoli dell’importanza delle tecnologie, si concentrano principalmente su esigenze pratiche e operative. Solo pochi studi, in particolare quelli di dimensioni maggiori, stanno sperimentando l’uso della business intelligence e dell’intelligenza artificiale.
L’Osservatorio ha anche evidenziato come siano soprattutto gli studi più grandi (con oltre 30 persone) ad avere investito maggiori risorse nelle tecnologie digitali. Nonostante ciò, anche presso questi ultimi l’intelligenza artificiale è ancora utilizzata principalmente per attività come la ricerca di documenti o la stesura di testi. Solo una piccola percentuale di studi ha sviluppato progetti avanzati in collaborazione con consulenti esterni o altri studi.
Limitata, inoltre, anche la diffusione del lavoro da remoto, con una media del 28% nei commercialisti e del 41% nei multidisciplinari. Inoltre, molti studi non sono ancora disposti a sviluppare nuovi servizi come il supporto all’internazionalizzazione delle imprese o la formazione per la cultura digitale. Solo nei grandi studi l’evoluzione dei modelli organizzativi e di business è più evidente.
Nonostante le difficoltà, emergono segnali positivi. Più di metà degli studi è interessata a espandere il proprio portafoglio clienti e a sperimentare nuove modalità di comunicazione e marketing.
La presentazione dello studio è stata anche l’occasione per assegnare il “Premio Studio Digitale 2025” allo Studio Musella e Associati per il progetto “HR Innovation Suite” e allo Studio Micci per il progetto “Smart Audit”. Una menzione d’onore è andata a Studio Campagnoli per il progetto “Ufficio Digitale”.
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