Medicina, lo stop al numero chiuso tra luci e ombre

Due docenti della Facoltà di Economia di Bolzano e un collega di Colonia analizzano in una ricerca gli effetti prodotti dalla riforma dei criteri di ingresso a Medicina. A loro avviso, i test di ammissione sarebbero in grado di attrarre i profili più brillanti e motivati.

Numero chiuso a Medicina: sì o no? Dipende. Secondo uno studio pubblicato sull’Institute of Labor Economics, selezionare a monte i candidati attraverso un test d’ingresso attirerebbe non solo quelli dotati di elevate capacità cognitive, ma anche i più motivati a svolgere una professione che richiede doti di altruismo e stabilità emotiva. A firmare la ricerca, sono stati due professori della Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano, Alessandro Fedele e Mirco Tonin, con Daniel Wiesen, docente dell’Università di Colonia.

Alessandro Fedele

In controtendenza rispetto alla riforma introdotta nel nostro Paese proprio quest’anno, il punto di vista della ricerca sopra citata mette in guardia dal rischio che si abbassi la qualità media dei candidati. Per spiegare perché, i ricercatori che hanno firmato il paper riportano i dati ottenuti dal confronto tra 369 aspiranti medici e 647 coetanei interessati ad altri percorsi in Italia e Austria.

Incrociando i dati, è risultato che gli aspiranti medici sono più capaci dal punto di vista cognitivo, più altruisti e più coscienziosi. Non solo: sono anche più motivati da ideali di utilità sociale, e più spesso provengono da famiglie con almeno un medico.

Secondo la ricerca, il precedente sistema di selezione – basato su un test standardizzato a risposta multipla – riusciva dunque ad attrarre candidati con un profilo adatto a sostenere gli studi medici e la futura professione.

In merito al paper, Alessandro Fedele, co-autore dello studio e professore di Politica Economica della Libera Università di Bolzano, ha detto: «Il nostro studio mostra che la selezione precedente favoriva un processo virtuoso di auto-selezione: entravano studenti con elevate capacità cognitive, ma anche mossi da motivazioni intrinseche e senso civico. È importante non dare per scontato questo meccanismo».

Tuttavia, come osservano gli autori, il test poteva scoraggiare giovani potenzialmente validi ma meno abituati a prove standardizzate o sotto forte stress, e limitava l’accesso a chi non disponeva di un background familiare informato. In questo senso, la nuova riforma potrebbe favorire una maggiore mobilità sociale e una selezione più informata.

Mirco Tonin

Per queste ragioni, «allargare l’accesso può avere effetti positivi in termini di equità e consapevolezza», ha commentato a sua volta Mirco Tonin, co-autore e docente di Politica Economica di unibz, sostenendo però anche la necessità che non passi il messaggio che senza test d’ingresso sia più facile entrare a Medicina, perché altrimenti si rischierebbe di «attrarre candidati meno preparati o motivati».

Occhio insomma a non rinunciare a un processo di selezione che premiava competenze, motivazioni e resilienza, pur nel miglioramento dell’equità e consapevolezza che potrebbero discendere dal nuovo modello di accesso alla facoltà. Insomma, meglio il vecchio o il nuovo sistema? Questa la conclusione dei ricercatori: «Ai posteri l’ardua sentenza».

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