
Nato il Manifesto del Relazionésimo, l’antidoto italiano contro la solitudine al lavoro
Ketty Panni e Ombretta Zuliani hanno dato vita alla Fondazione del Relazionésimo, un ente del Terzo Settore che si prefigge di rifondare le relazioni al lavoro per favorire la crescita culturale, economica e sociale, sconfiggendo il senso di isolamento ancora molto sentito in Italia e nel resto del mondo
La solitudine sul lavoro è un problema che interessa milioni di persone nel mondo, eppure ancora troppo spesso viene sottovalutata, con gravi ripercussioni sul grado di coinvolgimento e sulla produttività. Un aiuto per favorire una virtuosa inversione di rotta arriva da Ketty Panni e Ombretta Zuliani, le promotrici della fondazione “Era del Relazionésimo” e del relativo Manifesto sottoscritto da un pool di esperti tra sociologi, economisti e psicologi.

L’intento finale è costruire «una forza lavoro più felice, più sana e più produttiva, permettendo così all’intero Paese di tornare a crescere puntando sull’enorme potenziale della cultura delle relazioni», hanno dichiarato le ideatrici.
Dietro un progetto così ambizioso ci sono i dati sul grado di solitudine dei lavoratori. Nature, ad esempio, parla di più di 8 dipendenti su 10 in Brasile, Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti che dichiarano di sentirsi soli nei luoghi di lavoro (82%).
Il report State of the Global Workplace di Gallup ha rilevato inoltre come un dipendente su 5 si senta solo al lavoro mentre, tra i lavoratori italiani, uno su 4 (25%) dichiara di provare tristezza e isolamento ogni giorno.
Tra le generazioni, secondo quanto riportato anche da Fortune, sono gli appartenenti alla Gen Z a sentirsi maggiormente isolati sul luogo di lavoro (30%), rispetto al 22% registrato nelle altre fasce d’età. In Giappone uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Tokyo ripreso dal Japan Times ha scoperto che una persona su 10 si sente «sempre sola» al lavoro, con la percentuale che aumenta tra coloro che lavorano per molte ore.
L’impatto negativo della solitudine sul lavoro si estende ben oltre il benessere individuale, mentale e fisico, influendo anche su produttività, grado di coinvolgimento dei collaboratori e prestazioni dell’organizzazione. Uno studio della Campaign to End Loneliness promosso dalla Sheffield Hallam University ha rilevato che le persone che si sentono spesso sole hanno maggiori probabilità di dichiarare una minore soddisfazione lavorativa e un minore coinvolgimento sul luogo di lavoro.
Un’altra ricerca pubblicata sull’Harvard Business Review ha rilevato che i dipendenti solitari sono meno produttivi e dimostrano un minore impegno nei confronti della propria organizzazione.
Tornando all’Italia, il progetto della Fondazione Relazionésimo, che è un ente del Terzo settore a profitto sociale dedicato alla promozione della crescita culturale, sociale ed economica della comunità, si basa sulla «centralità della persona e delle relazioni umane in ogni scelta culturale, politica, economica, sociale e ambientale», ribadiscono Panni e Zuliani.
«Serve progettare non per i territori, ma con i territori – continuano; non per le imprese, ma con le imprese. In un processo autenticamente condiviso che sappia rovesciare le dinamiche tradizionali per ritrovarsi come comunità intorno alle relazioni, vero cuore del nostro esistere, motore di felicità e volano di sviluppo per produrre valore condiviso».
A coniare il neologismo “Relazionesimo” sono state proprio le fondatrici, che hanno reinterpretato la parola “economia” (dal greco οἰκονομία), intesa come amministrazione e cura della “casa”.
Presidente del Comitato Scientifico di Relazionésimo è il sociologo Mauro Magatti, il quale ha affermato: «Apparteniamo a generazioni che hanno attraversato la fase espansiva della crescita e, oggi, si ritrovano in un mondo dominato dal caos. Altre generazioni, che in questo caos sono nate, chiedono di guardare oltre e altrove, con uno sguardo nuovo. Credo che questo transito generazionale sia fondamentale anche per l’affermarsi di un nuovo spirito del capitalismo. Un capitalismo che deve passare dall’etica della crescita all’etica della sostenibilità».
A sua volta, Luigino Bruni, economista e membro del Comitato scientifico di Relazionésimo ha dichiarato: «Solo includendo il valore della relazione in quello del lavoro possiamo riaprire un dialogo con le nuove generazioni. Generazioni che all’impresa chiedono molto di più di un contratto: chiedono visione e condivisione di valori oltre a un senso complessivo del fare e dello stare insieme. Il bene relazionale è un bene di grande valore che resta tale finché non cerchiamo di assegnargli un prezzo, di trasformarlo in merce e metterlo in vendita».
Per scoprire i punti del Manifesto si può cliccare qui .
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