
Dallo stipendio ai valori condivisi: il futuro del lavoro secondo PageGroup
Dall’ultima edizione di Talent Trends 2025, la ricerca globale condotta da PageGroup su oltre 50 mila lavoratori in tutto il mondo, emerge un quadro molto chiaro: la sfida della talent attraction si gioca su cinque elementi chiave che sono stipendio, flessibilità, tecnologia, cultura e valori
Stipendio, flessibilità, tecnologia, cultura e valori sono i cinque pilastri sui quali si costruisce il lavoro del futuro. A questa conclusione è giunta PageGroup. L’azienda internazionale specializzata nel settore della ricerca e selezione ha commissionato un sondaggio a Talent Trends, condotto globalmente su un campione di oltre 50 mila professionisti, che ha rimarcato come nel mercato del lavoro la parola chiave del successo di qualsiasi strategia di talent attraction e retention sia trasparenza.

Sul tema ha detto in particolare Tomaso Mainini, amministratore delegato di PageGroup Italia e Turchia: «Gli ultimi cinque anni hanno completamente cambiato il mercato del lavoro, come non era mai successo prima. Oggi, infatti, non possiamo più limitarci ad osservare e prendere atto dei cambiamenti, ma dobbiamo imparare a ridefinire il nostro concetto di lavoro, ad adattare le nostre aspettative e a familiarizzare con le tecnologie che stanno trasformando radicalmente il futuro del settore HR. Questo cambiamento porta con sé numerose opportunità, ma può creare esitazioni ed incertezze che hanno un impatto notevole anche sui processi di ricerca e selezione. Molti professionisti, infatti, sono sicuramente aperti al cambiamento, mentre altri preferiscono attendere il momento giusto prima di intraprendere una nuova avventura professionale, bloccati dal contesto economico e politico piuttosto incerto. In quest’ottica, dunque, assumere persone di talento sta diventando la vera sfida per tutte le aziende, di ogni dimensione, tipologia e settore».
Pur cambiando le opinioni da persona a persona, il sondaggio di Talent Trends mette comunque in evidenza una comune ricerca di maggiore equilibrio lavoro/vita privata, nel segno del benessere complessivo cercato dalla maggioranza dei rispondenti. E soprattutto rimarca la presenza di un tema forte, ossia l’esigenza avvertita in larga misura di maggiore chiarezza.
Sono molti i professionisti che sentono l’incombenza di diverse incognite sul futuro, legate soprattutto al lavoro ibrido, alla cultura aziendale e alla diffusione dell’AI. Ed è proprio su questi aspetti che, per i datori di lavoro, entrerebbe in gioco l’opportunità di essere competitivi in termini di trasparenza ed ottenere un vantaggio rispetto ad altre aziende. Per farlo, però, dovranno riuscire a dare indicazioni chiare su ciò che sono in grado di offrire, in modo da attrarre talenti in linea ai propri valori.
Su questo aspetto Mainini precisa: «L’equilibrio tra lavoro e vita privata oggi non è solo un benefit accessorio, ma qualcosa che tutti si aspettano e sul quale non intendono scendere a compromessi». Le aziende che vogliano garantirsi successo duraturo dovranno quindi «intervenire attivamente per evitare di perdere talenti, attratti magari da realtà che offrono maggiore flessibilità o più attente al benessere delle persone». Dal sondaggio emergerebbe, in proposito, un 58% di professionisti attualmente impiegato con modalità ibride o completamente da remoto, che ha dichiarato che sarebbe disposto a trovare un nuovo lavoro «se dovesse arrivare la richiesta di aumentare il numero di ore/giorni in ufficio».
Anche l’aspetto economico, ovviamente, non è da sottovalutare, sebbene permanga una situazione che potremmo definire di vigile attesa: secondo i dati elaborati da Talent Trends 2025 emerge che il 42% degli intervistati ha chiesto un aumento di stipendio negli ultimi 12 mesi. In Italia, però, la percentuale di professionisti che prova a negoziare un aumento di stipendio ed ha successo resta più bassa che altrove (13%, rispetto a una media globale che si attesta intorno al 21%) insieme anche ad un leggero calo delle persone che cercano attivamente nuove opportunità professionali (-5%).
Tornando alla questione della trasparenza, in particolare sullo stipendio, considerando anche l’attuazione della Direttiva UE in materia da trasformare in leggi nazionali entro il 6 giugno 2026, che prevede che le aziende UE con più di 100 dipendenti segnalino eventuali differenze salariali e prendano provvedimenti per colmarli.
La necessità di uniformarci alla legislazione europea potrebbe richiedere uno sforzo non indifferente da parte di molte aziende italiane. Mainini ricorda infatti come, stando ai dati in loro possesso, «un terzo dei dipendenti ritiene che esista un divario retributivo di genere e questa percezione aumenta ai livelli dirigenziali e tra le donne: il 45% delle lavoratrici, infatti, percepisce una disparità di stipendio legata al genere nella propria azienda, contro il 24% degli uomini».
Sulle ripercussioni dell’IA nel lavoro il sondaggio sottolinea il mix contrastante di sentimenti. Da un lato i professionisti coinvolti nell’indagine giudicano la nuova tecnologia generativa eccitante, dall’altro la trovano spaventosa.
Venendo ai dati, il 57% degli italiani dichiara che gli strumenti di IA generativa hanno aumentato la propria produttività sul lavoro (la media europea si attesta al 68%), il 59%, inoltre, sostiene che l’IA generativa abbia contribuito a migliorare la qualità del proprio lavoro (63% in Europa) e, infine, il 47% dei lavoratori italiani (58% in Europa) afferma che l’utilizzo della IA generativa sul lavoro aiuti a concentrarsi su attività più gratificanti e meno routinarie.
In proporzione è però molto più bassa la fiducia che i professionisti ripongono sui propri manager, come sottolineato ancora da Mainini, che la considera come causa che spinge le persone «a cercare nuove opportunità professionali».
Per PageGroup, ad essere sotto esame è proprio la credibilità della leadership: «Quattro dipendenti su dieci, nel nostro Paese, credono che i loro manager siano in grado di far coesistere le esigenze aziendali e il benessere delle persone. Perché? Stabilire la fiducia richiede priorità chiare e comunicazione trasparente».
Tra gli ulteriori elementi di fragilità, infine, resta evidente una certa carenza di aziende davvero capaci di promuovere inclusione, fondamentale per risultare davvero ingaggianti. Solo un terzo dei professionisti coinvolti nel sondaggio afferma infatti di poter essere sé stesso al lavoro, mentre meno di un quarto crede che il proprio posto di lavoro sia inclusivo. In ogni caso, la strada per una trasformazione di valore è stata tracciata. Bisognerà accelerare un po’ di più.
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