
Il lavoro ai tempi della IA nella ricerca Luiss – Intesa San Paolo
Le competenze dei lavoratori dovranno essere trasversali e "aumentate": lo sostiene la maggioranza delle aziende di grandi, medie e piccole dimensioni e di Ceo ed HR manager coinvolti nella ricerca curata dall'ateneo intitolato a Guido Carli con l'istituto bancario.
L’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro e le strategie concrete per affrontare il cambiamento sono al centro della nuova ricerca “The Augmented AI-Human Job. Nuovi
scenari delle professioni nell’era dell’AI”, presentata nei giorni scorsi a Roma da Intesa Sanpaolo e Università Luiss Guido Carli.

Condotto dal Centro di Ricerca in Strategic Change “Franco Fontana” dell’Ateneo, lo studio ha come protagonisti più di 800 imprese, CEO e HR manager di diversi settori che hanno risposto alla domanda su quale impatto trasformativo sta avendo l’AI sulle loro aziende facendo emergere le sfide organizzative, formative e occupazionali, ma anche i ritorni concreti in termini di crescita e competitività.
Nello specifico, il modello su cui si basa lo studio si chiama GenIAle (Generative Intelligence for Augmented Labor and Empowerment) ed è incentrato sull’integrazione complementare tra competenze umane e capacità dell’IA, evidenziando la necessità di investimenti mirati in formazione, infrastrutture digitali avanzate e strategie organizzative innovative per valorizzare appieno il potenziale dell’AI nel contesto economico italiano.
Scendendo ancora di più nel dettaglio, a fronte del 18,6% di imprese che hanno già adottato soluzioni di intelligenza artificiale in modo strutturato, l’interesse è crescente, specialmente tra le aziende di maggiori dimensioni, localizzate prevalentemente nel Nord-Ovest e operanti nel settore Servizi.
Per le imprese italiane rappresenterebbe quindi un’opportunità strategica, ma la sua efficacia dipenderebbe dalla capacità di ripensare processi, ruoli e competenze.
L’impatto dell’intelligenza artificiale è in sostanza destinato a crescere nel prossimo futuro: passerà dal 16% al 29% quello sul fatturato, dal 7% al 17% quello sulla riduzione dei costi. Il 43% delle imprese che
ha già adottato l’AI segnala un effetto positivo sull’efficienza operativa.
Il rapporto mette però in evidenza una domanda articolata riguardante sia le competenze tecniche che quelle trasversali. L’adozione dell’AI, infatti, ha modificato in profondità non solo i profili professionali richiesti, ma anche le capacità chiave per affrontare con successo la trasformazione tecnologica.
Nel dettaglio, il 44% delle imprese che utilizza l’AI riconosce la necessità di sviluppare nuove competenze trasversali, con un’enfasi particolare sulle competenze digitali, intese come uso consapevole delle tecnologie e AI (62%), seguite da creatività e innovazione (32%) e dalla capacità di comunicare concetti complessi in modo chiaro (27%).
È fondamentale quindi un’evoluzione culturale che promuova una trasformazione profonda non solo tecnologica ma anche organizzativa, centrata su competenze e apprendimento continuo. Investire sulla formazione delle persone è pertanto la condizione essenziale per trasformare la tecnologia in un reale vantaggio competitivo e inclusivo.
Oltre l’80% delle imprese prevede di investire in percorsi formativi specifici per l’AI entro i prossimi tre anni, all’interno però della nuova visione strategica, incentrata sull’idea del lavoro aumentato, in cui l’intelligenza artificiale affianca e potenzia il contributo umano.
Il rapporto sottolinea anche l’importanza di sviluppare modelli di formazione collaborativa tra imprese e università, per costruire un ecosistema formativo flessibile, accessibile e integrato basato su multidisciplinarietà e contaminazione tra saperi. La mancanza di candidati qualificati
rappresenterebbe infatti un problema vissuto dal 66,2% delle imprese. Quasi una su due (42%) prevede di avviare collaborazioni con università per lo sviluppo di percorsi formativi legati all’AI nei prossimi tre anni, ma solo il 6% lo ha già fatto.
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