
Senza pensione e lavoro: il vuoto economico delle donne over 50 nel nostro Sud
Secondo le rivelazioni Istat del 2023, una donna su quattro tra i 65 e i 74 anni non ha né un impiego né una pensione. Il fenomeno è più marcato nel Sud, dove emergono disuguaglianze legate a genere, istruzione e cittadinanza
Nel 2023, una donna su quattro tra i 65 e i 74 anni in Italia non lavorava né percepiva una pensione. Lo rileva l’Istat nel focus “Pensione e partecipazione al mercato del lavoro dei 50-74enni”, condotto nell’ambito della Rilevazione sulle forze di lavoro.
Il dato riflette una fragilità strutturale che riguarda principalmente il Mezzogiorno, dove il 23,8% della popolazione tra i 65 e i 74 anni è priva sia di reddito da lavoro sia di pensione, contro valori inferiori al 15% nel resto del Paese (12,2% nel Nord Est, 13% nel Nord Ovest, 14,6% al Centro).

Tra i 50-64enni, il 63,5% è occupato e solo il 9,5% riceve un trattamento pensionistico. Nella fascia 65-74 anni, le proporzioni si ribaltano: il 9,7% lavora, mentre il 77,5% percepisce una pensione.
Nel Mezzogiorno lavora poco più della metà delle persone tra i 50 e i 64 anni, contro circa il 70% nel Nord. La quota di pensionati nella fascia 65-74 anni è inferiore al 70% nel Sud, mentre supera l’80% nelle regioni settentrionali.
Nel complesso, il 29,6% delle persone tra i 50 e i 74 anni ha una pensione da lavoro. Nella fascia 65-74 anni, la quota sale al 69,9%, ma anche qui si evidenziano differenze rilevanti: nel Mezzogiorno, solo il 57,6% riceve una pensione maturata attraverso l’attività lavorativa, contro oltre il 77% nel Nord.
Anche il titolo di studio incide: tra chi ha solo la licenza elementare, la quota di pensionati da lavoro è del 56,5%; tra i laureati è del 78,6%.
Gli stranieri sono il gruppo più penalizzato: solo il 31,5% dei 65-74enni percepisce una pensione da lavoro, a fronte del 71% tra gli italiani. Carriere discontinue e bassi contributi spiegano in gran parte il divario.
Una quota più ridotta (2,6% nella popolazione 50-74 anni) riceve pensioni non legate a un’attività professionale — come reversibilità, invalidità o assegni sociali. Questa percentuale sale al 10,5% tra i 70-74enni e riguarda soprattutto le donne (17,1% contro il 3,1% tra gli uomini), i residenti nel Sud (12,3%) e le persone con bassa scolarizzazione (16,5%).
Il 10,8% dei pensionati tra i 50 e i 74 anni — pari a circa 712.000 persone — ha svolto un’attività lavorativa anche dopo l’inizio del trattamento pensionistico. In particolare, il 9,4% ha continuato a lavorare nei primi sei mesi dopo il pensionamento (il 6,6% nello stesso impiego precedente), mentre l’1,4% ha ripreso a lavorare in un secondo momento.
In confronto alla media UE (13%), la quota italiana di pensionati che lavorano nei primi sei mesi è più bassa. Il divario è più ampio tra le donne (5% in Italia contro 11,2% in Europa); più contenuto tra gli uomini (12,9% contro 14,9%).
Tra coloro che hanno lavorato dopo la pensione, infine, il 51,7% lo ha fatto per motivi personali, come il desiderio di restare attivi. La percentuale è più alta rispetto alla media UE (36,3%) e raggiunge due terzi tra i pensionati laureati. Il 29,7% indica motivazioni economiche, un dato in linea con quello europeo. Minori le motivazioni relazionali (4,3%) o legate alla volontà di aumentare il reddito, pur senza necessità (6%).
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