
Nasce Paloma, la rubrica che mette il becco nel mondo del lavoro senza perdere il cuore
Debutta la rubrica di Federica Celeste, ricercatrice internazionale al Politecnico di Milano, che oggi si occupa di formazione, benessere e gestione del cambiamento. Nel primo articolo spiega com'è nata l'idea di raccontare le contraddizioni di un mondo del lavoro in cui ancora troppo spesso la narrazione da LinkedIn non corrisponde affatto alla realtà vissuta dalle "persone che lavorano"
di Federica Celeste*

Se sei pedagogista e finisci – come molti – in Risorse Umane, ti occuperai di formazione, benessere organizzativo e gestione del cambiamento: tre parole che brillano, ma nella realtà spesso scricchiolano. L’idea di Paloma è nata così: per caso, in un momento in cui tutto sembrava troppo grande e troppo vuoto.
Anno 2022, ero a Londra, in un fine settimana di apnea dal mio primo incarico da manager in una multinazionale. Ok che siamo tutti manager, ormai, ma io avevo anche l’auto aziendale! E quello standing da Milano bene, che nella realtà ti lascia sola davanti a un Excel e nessuna guida che ti dica: «E ora che si fa?».
Quella sera uscita con l’ex (ciao, Matteo!). Bar fighetto, di quelli dove tutti ordinano Negroni sbagliati con disinvoltura, e tu stai lì con il solito momento di imbarazzo analcolico.
Ma invece del classico drink triste con zucchero raffinato certificato Fairtrade, il barman mi propone un Flightless Paloma.
Un nome bellissimo e stonato, come il mio così apparentemente etereo.
Crudo come la vita. Buono, sì, ma che non ti mette le ali.
Ed è lì che ho capito: serviva qualcosa che raccontasse il mondo del lavoro per come lo viviamo davvero. Quando siamo a casa, da soli, tolto il blazer della credibilità. Senza retorica, senza patinature. Qualcosa che avesse il candore di una colomba e l’insolenza di un piccione che ti guarda male dalla pensilina.
Dal bisogno di capire come stare al mondo è nata Paloma: da un drink senz’ali, da una sera in cui avrei voluto essere vista, ma ho avuto solo me stessa.
E da allora, non ho più smesso.
Per mettere in luce le micro-violenze travestite da feedback costruttivi.
Per ridare dignità al «non lo so», mentre tutti fingono di avere un piano.
Per raccontare cosa succede davvero dopo le call che iniziano con: «Abbiamo pensato a te».
Per tradurre gli “asap” in umano senza piangere in bagno.
Perché il “mindset positivo” non diventi una scusa per ignorare la stanchezza altrui.
Per difendere il diritto di cambiare idea, sbagliare tono e dire no, anche se sei “in prova”.
Per scrostare il calcare di empowerment finto dai discorsi sull’inclusione, che prova una causa per mobbing con danni morali e biologici.
Per ricordare che l’appartenenza non è l’open bar agli eventi in stile Sanremo (dei poveri), ma le cose che si dicono alle macchinette.
Per dare voce a chi non ne ha ancora una, o l’ha persa cercando di piacere.
Per sperare di ricevere un aumento, anche se continui a dire «nessun problema» con il petto rotto.
Per pagare il mutuo del seminterrato nel Bronx che sicuramente si gentrificherà. Prima o poi. Forse.
Per sperare di non invecchiare male con il botox, ché sennò altro che carriera — ora che sei già mamma.
Per smettere di spendere più soldi di quanti ne guadagni. Per guadagnare così tanto da non avere più tempo — né gioia — per spenderli.
Per avere più grinta durante gli speed date da consumismo relazionale, automatizzando l’agenda con l’AI mentre il cuore è stanco.
Per poi renderti conto che l’unica persona a salvarti sei tu, tra una seduta di psicoterapia e un punto messo.
Non perché sei sensibile ed esagerata, nel limbo identitario tra Gen Z e Millennial. Ma perché sei abbastanza. Non hai niente da perdere. E sei finalmente libera di essere Paloma.
Paloma è quindi sinonimo di cronache beffarde e cultura del lavoro (da chi ci sopravvive). Utili per planare con leggerezza sopra le teste leggendo il carnevale umano. Senza ipocrisia, con piume tossiche ma senza peli sulla lingua.
Ricambiando con meno guano di quanto ne raccogli — ché alla fine, anche l’equilibrio emotivo ha il suo business model. Per chi si sente troppo giovane per essere vecchio, troppo vecchio per essere giovane, eppure continua a volare. Anche a bassa quota. Anche in emergenza.
* Chi è l’autrice

Pedagogista delle organizzazioni e ingegnera gestionale, Federica Celeste è ricercatrice internazionale per il Politecnico di Milano. Oggi si occupa di formazione, benessere e gestione del cambiamento, dentro e fuori le aziende. Con un’anima divisa tra i numeri e le crepe psicologiche delle persone, le piace indagare il lato oscuro, ambiguo e tagliente delle storture lavorative. Appassionata di cinema e attivista per i diritti umani e animali, crede in un’idea di sostenibilità informata, anche se sa benissimo dove finiscono le buone intenzioni quando si scrive un post su LinkedIn.
Paloma nasce proprio dal suo bisogno di non smettere di metterci il cuore, mettendoci però il becco. Troppo giovane per essere vecchia, troppo vecchia per essere giovane, scrive e lavora da quell’età di mezzo in cui la lucidità è un superpotere. E anche una condanna.
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