Talenti in fuga, cosa (non) stanno capendo le aziende: l’analisi di Clutch

Più dello stipendio e dello smart working, i candidati di oggi cercano nelle aziende che offrono lavoro coerenza, autenticità e libertà. Lo sostiene la società di headhunting fondata nel 2024 che ha analizzato le ragioni della persistenza del mismatch tra domanda e offerta nel mercato italiano.

In Italia trattenere i talenti è diventato un obiettivo strategico, ma resta spesso fuori dal radar delle priorità aziendali. Lo ricorda Clutch, la startup attiva nel panorama dell’headhunting, fondata nel 2024 da Lorenzo Cattelani, che si imbatte quotidianamente nelle esigenze di chi cerca e chi offre lavoro.

Il team di Clutch

La giovane realtà imprenditoriale cita i dati contenuti in un’indagine di Infojobs riferita al 2023, secondo la quale il 57% delle aziende italiane non ha introdotto azioni concrete per fidelizzare i propri dipendenti, nonostante quasi la metà della forza lavoro (pari al 48,6% del totale) si dichiari insoddisfatta e in cerca di nuove opportunità.

La tendenza rilevata da Infojobs troverebbe conferma anche nell’European Workforce Study 2025 di Great Place to Work, secondo cui in Italia 4 dipendenti su 10 vogliono cambiare lavoro. Un dato che colloca il nostro Paese in cima alla classifica europea per difficoltà nel trattenere i collaboratori, superando di 9 punti la media continentale.

Come si esce da un impasse del genere? Secondo Clutch, la parola d’ordine da usare oggi è flessibilità, però quella vera. La società di headhunting avverte infatti come il cosiddetto work life balance ormai non basti più, ossia ridurre le ore o offrire il venerdì libero non sarebbe più garanzia di successo se l’ambiente resta rigido o arretrato.

In proposito osserva infatti la co-founder Anna Valenti: «Le persone cercano flessibilità vera, ovvero la possibilità di lavorare da remoto per obiettivi, di scegliere come vestirsi, di sentirsi a proprio agio in un ambiente informale». Oggi come oggi, insomma, l’esigenza sarebbe talmente tanto forte che non di rado Clutch sta incontrando «candidati disposti a rinunciare a orari ridotti pur di evitare il full presence in ufficio o un dress code formale», continua Valenti.

Un altro segnale simbolo delle esigenze contemporanee dei candidati è la dimostrazione concreta di un’etica coerente da parte dei potenziali datori di lavoro. Le campagne patinate o i post social emozionali, insomma, non bastano più. Le persone in cerca di buone occasioni di lavoro leggono recensioni online, chiedono feedback ad ex dipendenti su LinkedIn, analizzano le policy aziendali.

Su questo aspetto il Ceo di Clutch osserva: «Chi cambia lavoro non scappa, ma cerca coerenza. È sempre più frequente sentire candidati dire ‘voglio un’azienda etica’. In mancanza di riscontri reali, preferiscono restare dove sono». Nella loro esperienza, capita quindi che ci siano candidati che respingono «offerte da aziende che promuovevano la centralità delle risorse, ma imponevano lunghissimi patti di stabilità: un segnale forte di disallineamento tra narrazione e realtà».

Per la società di headhunting la nuova generazione di talenti sarebbe in sintesi più consapevole, più informata e meno incline al compromesso o a tollerare ambienti lavorativi che non rispondono ai loro bisogni. La trasparenza non è più un optional: è una pretesa legittima.

Cattelani infatti aggiunge: «Le nuove generazioni non hanno più paura di fare domande scomode», ossia se un candidato chiede come mai un annuncio sia online da un anno, non si tratterebbe di una provocazione, bensì di «reale voglia di capire, di avere informazioni non filtrate. Chi cerca lavoro oggi vuole chiarezza e autenticità».

La partita della retention si giocherebbe dunque non più solo sulla retribuzione o sul cambio del job title. Secondo Clutch, ciò che serve oggi è invece un vero e proprio cambio di paradigma. Stop in altri termini e logiche rigide a favore di una cultura aziendale centrata davvero sulle esigenze dei dipendenti. Il tempo delle promesse è insomma finito: ora servono comportamenti concreti.

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