
Il lavoro rende felici? Solo se investiamo sulla nostra serenità personale, prima
Uno studio internazionale ribalta la convinzione diffusa: non è il lavoro a garantire la soddisfazione nella vita, ma è il benessere personale a influenzare il successo e l’appagamento professionale
In un momento in cui fenomeni come il burnout crescono e l’equilibrio tra vita privata e professionale diventa sempre più cruciale, si torna a interrogarsi sulla relazione tra felicità e lavoro: è il lavoro a portarci felicità o è la felicità personale a determinare il nostro modo di lavorare?

Un nuovo studio pubblicato sul “Journal of Organizational Behavior” rivela che la serenità personale ha un impatto più forte e duraturo sulla soddisfazione lavorativa di quanto il lavoro stesso abbia sulla vita privata.
L’analisi, condotta su oltre 160.000 persone in Stati Uniti, Germania e Australia, mostra che chi ha una vita personale soddisfacente ha il 32% di probabilità in più di vivere con maggiore soddisfazione anche l’esperienza lavorativa. Le esperienze positive nella vita privata e quelle lavorative, spiegano i ricercatori, si influenzano a vicenda nel tempo, ma non in modo simmetrico: «Sebbene la soddisfazione lavorativa abbia effettivamente un effetto positivo sulla soddisfazione di vita futura, è relativamente più debole e diminuisce nel tempo», commentano gli psicologi del Georgia Institute of Technology che hanno guidato la ricerca.

Se un buon lavoro può inizialmente migliorare l’umore e l’autostima, nel lungo periodo il fattore chiave resta la qualità della vita personale. Senza una base di serenità, neppure il ruolo professionale più gratificante può proteggere da stress e insoddisfazione.
Non solo. Lo studio suggerisce anche una nuova strada per le imprese che vogliano costruire ambienti di lavoro realmente efficaci: adottare un approccio al benessere più ampio e integrato. «Le organizzazioni che si concentrano esclusivamente su obiettivi professionali potrebbero trascurare una componente fondamentale della felicità dei dipendenti», avvertono i ricercatori. «Dando priorità a strategie di benessere generale, tra cui il supporto alla salute mentale, iniziative per l’equilibrio tra lavoro e vita privata e lo sviluppo personale, le organizzazioni possono promuovere invece una forza lavoro più coinvolta e soddisfatta».
Secondo gli autori dello studio, la serenità personale si trasmette naturalmente anche nel lavoro quotidiano, favorendo un clima più collaborativo e resiliente. Un circolo virtuoso che può essere coltivato sia a livello aziendale sia individuale.
La “soddisfazione di vita”, chiariscono ancora i ricercatori, è un indicatore più ampio: «Riguarda una valutazione cognitivo-affettiva della propria esistenza nel suo complesso». Non si tratta quindi solo di emozioni passeggere, ma di una visione profonda e complessiva della propria vita.
Una regola semplice, che lo studio invita a tenere a mente già agli inizi della carriera: investire sulla propria serenità personale è la condizione migliore per costruire anche una soddisfazione lavorativa solida e duratura.
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